Saturday, October 21, 2006
Una giornata al rodeo
28 Luglio 2006
Sono a Laramie, WY, da un paio di giorni, reduce dal viaggio straordinario sulle montagne rocciose del Canada occidentale. Dato che volevo vedere un po' di più il territorio attorno a questa simpatica cittadina, a febbraio avevo comperato via internet i biglietti per il grande rodeo di Cheyenne, il "Cheyenne Frontier Days". Pare sia il più grande degli Stati Uniti, e il secondo in america dopo quello di Calgary in Canada. A dir la verità avrei preferito vedere quello di Laramie, molto più piccolo e alla buona, ma lo fanno all'inizio di giugno, troppo presto. Unico problema, pare che qui non ci siano servizi di autobus. Ecco perchè non li trovavo con internet.
Viene da chiedersi come fa qui chi non ha l'auto, visto che scarseggiano pure i taxi. Quindi ho dovuto trovare un'auto a nolo e in fretta, ripassarmi come si usa il cambio automatico e partire su una strada che spero mi porti nel posto giusto e in tempo, dato che non ho tempo do procurarmi le mappe ho solo quella del programma del rodeo con qualche strada. La strada è la n.80, diritta e a due larghe corsie e ben tenuta, con poca segnaletica essenziale, e fiancheggiata da grandi rocce di colore rosso fuoco, prive di vegetazione. Il sole picchia dal cielo blu cobalto, e sento anche che in cima al valico il vento è molto forte. Poco traffico, qualche camion e tanti pick-up, non tutti rispettano i limiti, noto. Mi supera un camion nero, e poi anche alcuni altri. Belli, quelli americano col muso lungo e le fiancate dipinte con scene e figure. Uno ha un’aquila cromata sul cofano. Ma i limiti? Boh?
OK, avrei potuto noleggiare un'auto all'aeroporto di Denver, e in tre o quattro ore arrivare qui. Ma è un viaggio che ho già fatto, il paesaggio non è un gran che. Poi il costo dell'aereo è di 180,92 € contro gli oltre 300,00 € di noleggio auto per una settimana. Ma, soprattutto, mi sarei perso il viaggio aereo a Laramie con lo splendido aeroplanino della efficientissima Great Lakes Aviation e il suo simpatico staff. E Laramie è una simpatica piccola cittadina abitata da gente ospitale e amante della compagnia, con un sacco di iniziative e attrazioni serali non banali. Da visitare, assolutamente.
Bene o male arrivo nella zona di Cheyenne (qua le città sono del tutto isolate tra loro, e si capisce quando ce n’è una vicino), e mi perdo subito in un groviglio di strade, ponti e uscite. La segnaletica è essenziale e non c'è verso di capire da quale parte sia il centro città, così prendo un'uscita a caso in cerca di una qualche indicazione, e riesco ad arrivare in centro. Cheyenne è molto grande rispetto a Laramie. Dopo alcuni tentativi trovo una delle strade citate dalla mappina e arrivo alla meta. Non c'è molto traffico, è solo venerdì. Trovo pure un parcheggio per 10 dollari in un cortile privato; alcuni ragazzi hanno organizzato la cosa con cartelli segnaletici scritti a mano e il resto in tutto il quartiere, d’accordo con gli abitanti.
Nel centro informazioni all'ingresso dell'area che ospita la manifestazione, una simpatica e abbondante signora in improbabile divisa da cowgirl mi indica come fare per ottenere i biglietti, e riconosciutomi come straniero mi dà un caldo e speciale benvenuto al rodeo. Non ci devono essere molti turisti stranieri, strano.
Alla biglietteria sono organizzatissimi: trovo i miei biglietti già pronti, in una busta col mio nome sopra. Mica male. Mi dirigo in fretta verso il grande stadio, passo in mezzo a numerosi recinti pieni di tantissimi e splendidi cavalli, tori, bufali, vitelli. E poi orde di visitatori con branchi di bambini, tizi travestiti da improbabili cowboy, e tizi vestiti semplicemente che probabilmente sono veri cowboy. Ad ogni angolo ci sono cartelli segnaletici e tizi vestiti di rosso, cappellone nero e cartellino segnaletico che danno informazioni. I vari livelli del grande stadio sono pieni di rivendite di generi di ogni tipo, a prezzi molto alti.
Finalmente arrivo sulle scalinate e trovo il mio posto a sedere. Solo tre file mi separano dall'arena, al centro, e proprio qui sotto ci sono le gabbie dove si preparano animali e partecipanti per uscire a fare il proprio numero. Al momento non c'è nessuno in pista, capisco che pur in ritardo mi aspettano molte ore di spettacolo.
Mi guardo in giro. Attorno ho parecchi posti vuoti, ma c'è comunque tantissima gente. Il sole picchia fortissimo, e c'è anche molto caldo, sento la gente che si lamenta. In tanti hanno in mano un ventilatore portatile munito di nebulizzatore ad acqua. Veramente, a me sembra del tutto sopportabile, dato che l'aria è asciutta e c'è pure un poco di vento. Ma io sono abituato al clima umido della pianura padana, che d'estate trasforma l'aria in una broda calda insopportabile e d’inverno in una gelida broda nebbiosa. Attorno c'è tanta gente di ogni tipo, molte famiglie, e vestiti in ogni modo possibile. Noto che molti sono dotati di cappello di paglia, comprensibile per il sole, ma molti ne hanno di feltro e sfoggiano stivaletti da cowboy molto belli e di qualità. Non da usare sul serio, però.
Quelli che li usano sul serio stanno per andare in scena, vedo che alcuni ragazzi, assistiti da altri, si stanno calando con cautela nelle gabbie. Sono vestiti in modo molto semplice, wrangler e camicia, stivaletti consumati e impolverati. Al collo hanno un collare, e sotto la camicia intravvedo altre imbottiture. Dalla gabbia provengono forti colpi, vedo solo spuntare ogni tanto le orecchie di un cavallo. Da un'altra invece spunta addirittura un mezzo cavallo, che cerca di uscire. È un po' agitato, lo spazio ristretto dove l'hanno messo non deve piacergli molto. Ma in qualche modo i compari lo calmano con le buone e lui rientra ad aspettare il suo turno.
Lo stadio è davvero grandissimo, è anche diviso in due nel senso della lunghezza da una rete. Dall'altra parte fanno gare diverse, vedo correre alcuni cavalli. Ci sono anche due grandi schermi che adesso mostrano il clown al lavoro. Noto che sfoggia una grande scritta dello sponsor: "wrangler". E di continuo si sente la voce dello speaker; non capisco quasi nulla, quello parla in fretta e di tante cose diverse, passando ogni tanto il collegamento al clown. Niente di speciale, ma riempie il tempo.
Finalmente danno il via, presentando il concorrente. Il titolo di merito è la cifra che ha guadagnato nella sua carriera, e il premio in palio è una somma in denaro, non medaglie o titoli. Pragmatici questi americani.
Passano diversi cavalieri in costume, con un lazo in mano, sono gli assistenti. Nell'arrivare qui ho visto anche una specie di lunapark con ruote panoramiche e tutto il resto; e stands e altre attrazioni. Ma il rodeo da solo con tutti gli animali e gli uomini coinvolti deve costare una cifra astronomica, quindi nessuna meraviglia che tutto costi tanto.
Al via una gabbia viene aperta e il cavallo scatta in pista. Non va molto lontano, invece di correre si limita a sgroppare furiosamente intorno per liberarsi del cavaliere, che si afferra ad una cinghia che fascia il torace dell’animale, e viene sballottato su e giù e da tutte le altre parti. Dopo dieci secondi un suono indica che la prova è finita. Seguono altre prove a breve distanza. Solo qualcuno cade, la maggior parte resta salda in groppa, e viene poi affiancato dai compari che lo aiutano a passare dal cavallo al loro. Quelli caduti si rialzano e senza neanche spolverarsi tornano a piedi alle tribune; è la regola non scritta del rodeo, tornare con le proprie gambe, qualunque cosa succeda. Dietro, ai piedi delle tribune, c’è l’infermeria.
Ogni tanto il cavallo lancia schizzi e sassi che arrivano fino a dove sto seduto. Non capisco come venga assegnato il punteggio, ma lo spettacolo è interessante, soprattutto quello di contorno. Per esempio, i cavalli liberati dall'incomodo trotterellano leggeri intorno per un po' e quando sono calmi vengono indirizzati dai compari verso l'uscita. Qualcuno continua a sgroppare per un po'. Noto che ci sono diverse tecniche per montarli, alcuni stanno sdraiati all'indietro, schiena contro schiena dell'animale, altri stanno dritti, e così via. Ma il peggio sono i tori, alcuni ci mettono pochi secondi a liberarsi dell'incomodo, altri un po' di più. La loro forza è enorme. Ma appena liberati si fermano subito, sono tranquilli, nessuno carica, anche se guardano con sospetto i compari. I quali mostrano di avere una grande confidenza con gli animali, sono davvero esperti nell'avvicinarli o star loro alla larga. Per fare uscire i tori comunque quasi sempre devono prenderli al lazo, e in almeno tre o quattro, per poterlo convincere. I cavalli sono più facili. Questi tori sono i più grossi che abbia mai visto; sembrano quelli dei cartoni animati, con le spalle larghissime e muscolose e la testa bassa. Solo un cavaliere viene pestato un pochino per sbaglio, e deve intervenire la squadra medica, ma poi si rialza e torna ai box da solo.
Le prove di gara le fanno a gruppi di dieci circa, poi segue un intervallo in circa cieci minuti. Ogni prova è ripresa da diverse telecamere, che mostrano le immagini migliori e i replay su un paio di grandi teleschermi. Costantemente si sente la voce assordante dello speaker. E negli intervalli il clown fa qualche numero - non un gran che, qualche salto, qualche battuta, qualche gioco; ma anche lui sta qua da una settimana, il repertorio non può essere infinito. Ogni tanto parte anche la musica, country, sta benissimo con le corse e le varie scene. Come per la pubblicità alla tv, gli spettatori ne approfittano per andare al bagno o a comperare da bere e mangiare. Ci sono anche tanti ragazzi con la cassetta al collo che passano a vendere bibite e panini e ventilatori. Prezzi enormi, ma tutti spendono tranquilli, oggi è festa e ho l'impressione che non ne godano molte.
Tra il personale di pista, oltre ai compari, ci sono anche alcune belle ragazze in costume che gironzolano avanti e indietro incessantemente. Coreografia. Dall'altra parte si intravedono cavalli in corsa, anche con cowgirls in costume, con qualche acrobazia e tante bandiere. Carine, la peggiore è una tipa in costume rosa shocking che cavalca in piedi (nelle staffe) un cavallo bardato nello stesso colore. Ci vorrebbe il programma dettagliato, non ho visto dove si possa prendere. Alcuni tizi attorno a me hanno in mano dei tabulati che penso siano i programmi dettagliati delle gare, con gli spazi per i risultati. Uno dall'aspetto mi sa che è un giudice. Mi accorgo anche che lo speaker fracassone è proprio dietro le mie spalle, su una specie di tribuna dove stanno anche due telecamere.
Secondo il programma ci sono parecchie manifestazioni, cortei celebrativi, mostre, concerti e altro, ogni giorno e distribuite in tutta la città. Mostre storiche, conferenze, cortei storici e no per le strade, concerti, ecc. Ma bisognerebbe risiedere qui per vedere tutto, e spostarsi qua e là per la città. In auto, penso, ma c'è anche un servizio di autobus, realizzato con i bus scolastici, non so se pubblico o riservato a qualche categoria.
Dal fondo della pista a sinistra c’è invece l’ingresso per altri esercizi che richiedono un percorso lungo, quelli con i vitelli. Non ho mai visto un rodeo e ci metto quindi un po' a capire cosa stanno facendo, anche se le regole precise mi restano ignote. In uno, un cowboy affianca il vitello e ci si lascia cadere sopra in corsa, poi lo ferma sdraiandolo a terra, torcendogli la testa, poi gli lega le gambe con un rapido movimento. Tutti sono molto veloci a farlo. In un altro, due lo inseguono e in contemporanea col lazo uno gli prende la testa e l'altro la zampa posteriore. È impressionante la facilità e la velocità con cui buttano il lazo e lo prendono. A qualcuno va buca, ma è raro. Appena terminata la prova i vitelli vengono liberati dai compari e trotterellano via tranquilli. In pista ci sono sempre presenti alcuni degli animali che hanno partecipato alle prove precedenti. Pian piano vengono recuperati, senza fretta, e riportati ai recinti esterni, il tutto mentre proseguono tutte le varie attività. Alcuni ci vanno da soli, sembra conoscano la strada, altri fanno qualche giro, guardando curiosi la folla. Adesso si è formato un gruppetto di tre cavalli che trotterella in sincronia.
Non ci sono i contestatori della domenica, come da noi, ovviamente, a lamentare lo stress degli animali. Qua sono tutti allevatori, e penso che nessuno di questi splendidi animali sia cresciuto in una stalla al chiuso. Ce ne sono tantissimi fuori, nei recinti: mai visti tanti tutti assieme.
Verso le 17 lascio, ormai ho capito come funzia, e sono terminate le prove. Una ventina di ragazze in costume a cavallo si esibiscono, portando le bandiere con le sigle degli sponsor, in una serie di giri e ad effetto nell’arena, mentre lo speaker legge la graduatoria finale dei vincitori delle varie categorie. Il pubblico comincia ad andare via. Bello spettacolo, interessante e caratteristico, sia dentro l’arena che sulle gradinate. E’ interessante la semplicità del tutto, questa è la massima manifestazione dello stato con rilevanza federale, eppure si avverte la semplicità di una fiera di campagna, e la professionalità di persone che fanno davvero questo lavoro ogni giorno, e che sono contente e orgogliose di mostrarlo partecipando ad una festa.
Le scale sono piene di persone, naturalmente, per cui mi appoggio alla ringhiera un po’ e guardo i recinti sotto. Il complesso è davvero molto grande, immagino che nel resto dell’anno ci facciano altre attività.
Alla fine riesco a scendere e ,sorpassando le tante famiglie che indugiano, mi dirigo verso i capannoni. Ci dev’essere da qualche parte l’area dedicata agli indiani, e altre dedicate alle vendite. Voglio anche vedere dove sta l’area dei concerti e se sta vicina al parcheggio. Infatti non voglio fare tardi, sia perché non voglio rischiare che chiudano la zona dove ho parcheggiato l’auto, sia perché devo anche trovare la strada per tornare a Laramie.
Visito quindi l’area dedicata alle baracchine e vendite, che stanno sia all'aperto, dove ci sono zone dove sedersi a mangiare, sia sotto le scalinate e dentro alcuni grandi capannoni. C'è pure un grande stand della Wrangler, che evidentemente produce molta più roba di quella che vediamo in Italia: pantaloni anche da ufficio, camicie, giubbotti, calze e biancheria, giacche, borse, gadget ecc. Ci son pure poci stand speciali per animali, dove intravvedo un piccolo somaro e alcuni cavalli grossi europei, una rarità qui. Poi anche gli stand della guardia nazionale e dell’esercito, per la pubblicità e il reclutamento, proprio come nei film. E poi le giostre.
Prezzi da ladro e robaccia in vendita.Tanta gente, famiglie, bambini. Tanti che mangiano, ci sono anche parecchi ciccioni – una netta minoranza, mentre a Laramie mancano quasi del tutto -. Quasi tutti indossano qualcosa di western, alcuni sono proprio vestiti apposta, esagerati.
C'è pure una grande tendone con bar e un palco dove sta suonando un complessino, musica country rock niente male. Alcuni ragazzi stanno ballando davanti. Ecco, questo sempra spontaneo, e mi piace molto.
Ogni stand o locazione è numerata con un grande numero, ci si orienta bene con facilità. È come una nostra festa dell’unità, ma prezzi e qualità sono peggio. Tra la folla non ho udito alcuna lingua diversa dall’inglese, se ci sono dei turisti sono nascosti bene.
In un grande prato c’è una mostra di roba antica vecchio west. Affisso a una palizzata trovo un programma, leggo che a quest'ora ci dev’essere un concerto di musica indiana. Corro al villaggio indiano: è un grande spazio erboso circondato da una palizzata in legno tipo forte del west. Una metà è chiusa e ci sono tante tende indiane. All’interno una struttura circolare di gradinate intronchi di legno che circonda un prato di erba verde con al centro un gazebo in legno, dove un tizio in piedi, vestito in costume, suona una nenia con uno strano flauto di legno, piuttosto monotona. Addossati alla palizzata si aprono tanti negozietti in legno di oggetti, belli e anche prezzi buoni. L'acqua per esempio qua costa due dollari anziché tre come fuori. Magari hanno meno tasse, chissà.
Quando torno dopo u ulteriore giertto, ci trovo seduti diversi personaggi di notevole dimensione con le spalle al pubblico e intenti a suonare tamburi e flauti, mentre alcune ragazze e bambini in costume danzano nel prato. Mi siedo a guardare. Lo spettacolo è gratuito, non raccolgono nemmeno offerte, si vede che si accontentano degli acquisti ai loro negozi.
Uno speaker presenta sia le danze che i danzatori, vengono da ogni tribù. A guardare bene mi sa che sono pochi, i costumi fanno effetto ma sembrano davvero abiti da scena, non veri, e i tizi che li indossano sembrano ragionieri e idraulici in trasferta. E forse lo sono, ma il risultato è interessante comunque. Ma le musiche mi sembrano davvero tutte uguali, e dire che dovrei avere un po’ di orecchio per queste musiche. E per le danze idem, se c’è una logica narrativa o qualcosa del genere io non la vedo proprio. Lo spettacolo comunque c’è, si danno da fare parecchio e seriamente. C’è anche parecchia gente seduta a guardare.
Giro tra le bancarelle, c’è un po’ di tutto: roba da mangiare tipo messicano, gioielli in argento e con pietre lavorate, oggettistica indiana in legno o in pelle, borse, cuoio, attrezzi, archi e frecce, dipinti e anche strumenti musicali. Alcune cose sembrano fatte bene ma, tranne i gioielli, la maggior parte è rozza, fatta giusto ad uso commerciale. C’è pure il tipo che suonava e che vende i flauti in legno, bellini, ma 200 o 300 dollari non ritengo proprio sia il caso di spenderli. Trovo invece, tra le altre, le trappole dei sogni del tipo che avevo comperato in Arizona; e infatti vengono da là, sono Navajo, con tanto di certificato e foto dell’autore. Ne compero un paio dal grosso tipo, enorme e gentilissimo – sembra davvero indiano, uno di quelli grossi di Cocco Bill. Spero non vengano dalla Cina pure questi. Li preferisco perchè sembrano veri, hanno l’aspetto di roba che si può vedere in un museo, mentre in generale gli altri sono proprio roba da turisti. La parte indiana non è quindi male, anzi è la migliore, dopo il rodeo.
A sera il concerto, 20.30 – 22.30. Sul lato ovest dello stadio, entro uno spazio recintato da una rete, dove hanno preparato un enorme palco attrezzato. Sui due lati due monumentali gruppi di altoparlanti, e poi due schermi giganti al plasma di ottima qualità.
Adesso, il sole sta tramontando, c’è una grande folla in giro. I cancelli sono sorvegliati dai soliti anziani ambosessi in costume western, gentilissimi ed efficientissimi. Mi ritirano il biglietto e mi allacciano al polso un bracciale di plastica. Dentro tanti ragazzi, vestiti in tutti i modi possibile, ma principalmente casual. Noto che sono tutti giovanissimi (mi sento un po’ fuori posto). Spero non sia musicaccia moderna, il programma diceva country. E country è, quando iniziano a suonare, puntualissimi, noto che è country rock di ottima qualità. Interessante, ma la musica non è sufficiente da sola, bisognerebbe magari capire le canzoni, ma non ci riesco. A quanto pare il cantante è molto conosciuto.
Noto che noi paganti col bracciale al braccio siamo in piedi ai piedi del palco, ma sono utili i due maxi schermi ai lati. Subito dietro la rete di recinzione, a dieci metri, ci sono tantissime persone comodamente sedute sulle sedie dello stadio che guardano. Quindi la prossima volta ci vado pure io, risparmio e sto più comodo. I ragazzi sono socievoli e composti, in gruppi, a coppie, anche soli. Girano parecchi bicchieri di birra. Ambiente cordiale, piacevole. Molto molto diverso che da casa. L’impressione è che questi non hanno spesso occasione di stare assieme.
Ascolto parecchie canzoni, ma dopo un’ora mi stufo e abbandono. Ormai è buio.
C’è ancora molta gente, traverso la strada e vado alla macchina, il cortile dove è parcheggiata è ancora aperto. Sono stati di parola, sono io che vivo in un posto dove non ci si può più fidare di nessuno.
Mi avvio e mi perdo nelle infinite rotonde e svincoli della tangenziale di Cheyenne, quasi senza indicazioni. Tutto deserto ma trovo un tipo che porta a spasso il cane e mi spiega da che parte andare. Non sono nemmeno molto fuori strada. Ma è deserto. Noto che la luna piena è a ovest, quindi indica la direzione esatta della mia destinazione. Insomma ce la faccio ad arrivare all’hotel per le 23.30, la città è deserta e buia. A letto.
Il giorno dopo vado a fare il pieno al distributore proprio davanti l’hotel. È tutto spiegato chiaro come fare e ci riesco senza problemi, tranne verificare che sia davvero benzina. Riporto l’auto e un simpatico meccanico mi riaccompagna all’hotel. È curioso perchè di stranieri ne capitano pochi: lui è nato molto lontano in un altro stato; è passato di qui e gli è piaciuto il posto, ci ha lavorato per un po’ e poi ci è rimasto. Solita storia, di un'altra nazione.
Oggi mi riposo e visito Laramie, le sue librerie, l'università, i suoi bar/salotti letterari di cibo naturale.
Domani mi aspettano al ranch, Bill e il mio cavallo.
Sono a Laramie, WY, da un paio di giorni, reduce dal viaggio straordinario sulle montagne rocciose del Canada occidentale. Dato che volevo vedere un po' di più il territorio attorno a questa simpatica cittadina, a febbraio avevo comperato via internet i biglietti per il grande rodeo di Cheyenne, il "Cheyenne Frontier Days". Pare sia il più grande degli Stati Uniti, e il secondo in america dopo quello di Calgary in Canada. A dir la verità avrei preferito vedere quello di Laramie, molto più piccolo e alla buona, ma lo fanno all'inizio di giugno, troppo presto. Unico problema, pare che qui non ci siano servizi di autobus. Ecco perchè non li trovavo con internet.
Viene da chiedersi come fa qui chi non ha l'auto, visto che scarseggiano pure i taxi. Quindi ho dovuto trovare un'auto a nolo e in fretta, ripassarmi come si usa il cambio automatico e partire su una strada che spero mi porti nel posto giusto e in tempo, dato che non ho tempo do procurarmi le mappe ho solo quella del programma del rodeo con qualche strada. La strada è la n.80, diritta e a due larghe corsie e ben tenuta, con poca segnaletica essenziale, e fiancheggiata da grandi rocce di colore rosso fuoco, prive di vegetazione. Il sole picchia dal cielo blu cobalto, e sento anche che in cima al valico il vento è molto forte. Poco traffico, qualche camion e tanti pick-up, non tutti rispettano i limiti, noto. Mi supera un camion nero, e poi anche alcuni altri. Belli, quelli americano col muso lungo e le fiancate dipinte con scene e figure. Uno ha un’aquila cromata sul cofano. Ma i limiti? Boh?
OK, avrei potuto noleggiare un'auto all'aeroporto di Denver, e in tre o quattro ore arrivare qui. Ma è un viaggio che ho già fatto, il paesaggio non è un gran che. Poi il costo dell'aereo è di 180,92 € contro gli oltre 300,00 € di noleggio auto per una settimana. Ma, soprattutto, mi sarei perso il viaggio aereo a Laramie con lo splendido aeroplanino della efficientissima Great Lakes Aviation e il suo simpatico staff. E Laramie è una simpatica piccola cittadina abitata da gente ospitale e amante della compagnia, con un sacco di iniziative e attrazioni serali non banali. Da visitare, assolutamente.
Bene o male arrivo nella zona di Cheyenne (qua le città sono del tutto isolate tra loro, e si capisce quando ce n’è una vicino), e mi perdo subito in un groviglio di strade, ponti e uscite. La segnaletica è essenziale e non c'è verso di capire da quale parte sia il centro città, così prendo un'uscita a caso in cerca di una qualche indicazione, e riesco ad arrivare in centro. Cheyenne è molto grande rispetto a Laramie. Dopo alcuni tentativi trovo una delle strade citate dalla mappina e arrivo alla meta. Non c'è molto traffico, è solo venerdì. Trovo pure un parcheggio per 10 dollari in un cortile privato; alcuni ragazzi hanno organizzato la cosa con cartelli segnaletici scritti a mano e il resto in tutto il quartiere, d’accordo con gli abitanti.
Nel centro informazioni all'ingresso dell'area che ospita la manifestazione, una simpatica e abbondante signora in improbabile divisa da cowgirl mi indica come fare per ottenere i biglietti, e riconosciutomi come straniero mi dà un caldo e speciale benvenuto al rodeo. Non ci devono essere molti turisti stranieri, strano.
Alla biglietteria sono organizzatissimi: trovo i miei biglietti già pronti, in una busta col mio nome sopra. Mica male. Mi dirigo in fretta verso il grande stadio, passo in mezzo a numerosi recinti pieni di tantissimi e splendidi cavalli, tori, bufali, vitelli. E poi orde di visitatori con branchi di bambini, tizi travestiti da improbabili cowboy, e tizi vestiti semplicemente che probabilmente sono veri cowboy. Ad ogni angolo ci sono cartelli segnaletici e tizi vestiti di rosso, cappellone nero e cartellino segnaletico che danno informazioni. I vari livelli del grande stadio sono pieni di rivendite di generi di ogni tipo, a prezzi molto alti.
Finalmente arrivo sulle scalinate e trovo il mio posto a sedere. Solo tre file mi separano dall'arena, al centro, e proprio qui sotto ci sono le gabbie dove si preparano animali e partecipanti per uscire a fare il proprio numero. Al momento non c'è nessuno in pista, capisco che pur in ritardo mi aspettano molte ore di spettacolo.
Mi guardo in giro. Attorno ho parecchi posti vuoti, ma c'è comunque tantissima gente. Il sole picchia fortissimo, e c'è anche molto caldo, sento la gente che si lamenta. In tanti hanno in mano un ventilatore portatile munito di nebulizzatore ad acqua. Veramente, a me sembra del tutto sopportabile, dato che l'aria è asciutta e c'è pure un poco di vento. Ma io sono abituato al clima umido della pianura padana, che d'estate trasforma l'aria in una broda calda insopportabile e d’inverno in una gelida broda nebbiosa. Attorno c'è tanta gente di ogni tipo, molte famiglie, e vestiti in ogni modo possibile. Noto che molti sono dotati di cappello di paglia, comprensibile per il sole, ma molti ne hanno di feltro e sfoggiano stivaletti da cowboy molto belli e di qualità. Non da usare sul serio, però.
Quelli che li usano sul serio stanno per andare in scena, vedo che alcuni ragazzi, assistiti da altri, si stanno calando con cautela nelle gabbie. Sono vestiti in modo molto semplice, wrangler e camicia, stivaletti consumati e impolverati. Al collo hanno un collare, e sotto la camicia intravvedo altre imbottiture. Dalla gabbia provengono forti colpi, vedo solo spuntare ogni tanto le orecchie di un cavallo. Da un'altra invece spunta addirittura un mezzo cavallo, che cerca di uscire. È un po' agitato, lo spazio ristretto dove l'hanno messo non deve piacergli molto. Ma in qualche modo i compari lo calmano con le buone e lui rientra ad aspettare il suo turno.
Lo stadio è davvero grandissimo, è anche diviso in due nel senso della lunghezza da una rete. Dall'altra parte fanno gare diverse, vedo correre alcuni cavalli. Ci sono anche due grandi schermi che adesso mostrano il clown al lavoro. Noto che sfoggia una grande scritta dello sponsor: "wrangler". E di continuo si sente la voce dello speaker; non capisco quasi nulla, quello parla in fretta e di tante cose diverse, passando ogni tanto il collegamento al clown. Niente di speciale, ma riempie il tempo.
Finalmente danno il via, presentando il concorrente. Il titolo di merito è la cifra che ha guadagnato nella sua carriera, e il premio in palio è una somma in denaro, non medaglie o titoli. Pragmatici questi americani.
Passano diversi cavalieri in costume, con un lazo in mano, sono gli assistenti. Nell'arrivare qui ho visto anche una specie di lunapark con ruote panoramiche e tutto il resto; e stands e altre attrazioni. Ma il rodeo da solo con tutti gli animali e gli uomini coinvolti deve costare una cifra astronomica, quindi nessuna meraviglia che tutto costi tanto.
Al via una gabbia viene aperta e il cavallo scatta in pista. Non va molto lontano, invece di correre si limita a sgroppare furiosamente intorno per liberarsi del cavaliere, che si afferra ad una cinghia che fascia il torace dell’animale, e viene sballottato su e giù e da tutte le altre parti. Dopo dieci secondi un suono indica che la prova è finita. Seguono altre prove a breve distanza. Solo qualcuno cade, la maggior parte resta salda in groppa, e viene poi affiancato dai compari che lo aiutano a passare dal cavallo al loro. Quelli caduti si rialzano e senza neanche spolverarsi tornano a piedi alle tribune; è la regola non scritta del rodeo, tornare con le proprie gambe, qualunque cosa succeda. Dietro, ai piedi delle tribune, c’è l’infermeria.
Ogni tanto il cavallo lancia schizzi e sassi che arrivano fino a dove sto seduto. Non capisco come venga assegnato il punteggio, ma lo spettacolo è interessante, soprattutto quello di contorno. Per esempio, i cavalli liberati dall'incomodo trotterellano leggeri intorno per un po' e quando sono calmi vengono indirizzati dai compari verso l'uscita. Qualcuno continua a sgroppare per un po'. Noto che ci sono diverse tecniche per montarli, alcuni stanno sdraiati all'indietro, schiena contro schiena dell'animale, altri stanno dritti, e così via. Ma il peggio sono i tori, alcuni ci mettono pochi secondi a liberarsi dell'incomodo, altri un po' di più. La loro forza è enorme. Ma appena liberati si fermano subito, sono tranquilli, nessuno carica, anche se guardano con sospetto i compari. I quali mostrano di avere una grande confidenza con gli animali, sono davvero esperti nell'avvicinarli o star loro alla larga. Per fare uscire i tori comunque quasi sempre devono prenderli al lazo, e in almeno tre o quattro, per poterlo convincere. I cavalli sono più facili. Questi tori sono i più grossi che abbia mai visto; sembrano quelli dei cartoni animati, con le spalle larghissime e muscolose e la testa bassa. Solo un cavaliere viene pestato un pochino per sbaglio, e deve intervenire la squadra medica, ma poi si rialza e torna ai box da solo.
Le prove di gara le fanno a gruppi di dieci circa, poi segue un intervallo in circa cieci minuti. Ogni prova è ripresa da diverse telecamere, che mostrano le immagini migliori e i replay su un paio di grandi teleschermi. Costantemente si sente la voce assordante dello speaker. E negli intervalli il clown fa qualche numero - non un gran che, qualche salto, qualche battuta, qualche gioco; ma anche lui sta qua da una settimana, il repertorio non può essere infinito. Ogni tanto parte anche la musica, country, sta benissimo con le corse e le varie scene. Come per la pubblicità alla tv, gli spettatori ne approfittano per andare al bagno o a comperare da bere e mangiare. Ci sono anche tanti ragazzi con la cassetta al collo che passano a vendere bibite e panini e ventilatori. Prezzi enormi, ma tutti spendono tranquilli, oggi è festa e ho l'impressione che non ne godano molte.
Tra il personale di pista, oltre ai compari, ci sono anche alcune belle ragazze in costume che gironzolano avanti e indietro incessantemente. Coreografia. Dall'altra parte si intravedono cavalli in corsa, anche con cowgirls in costume, con qualche acrobazia e tante bandiere. Carine, la peggiore è una tipa in costume rosa shocking che cavalca in piedi (nelle staffe) un cavallo bardato nello stesso colore. Ci vorrebbe il programma dettagliato, non ho visto dove si possa prendere. Alcuni tizi attorno a me hanno in mano dei tabulati che penso siano i programmi dettagliati delle gare, con gli spazi per i risultati. Uno dall'aspetto mi sa che è un giudice. Mi accorgo anche che lo speaker fracassone è proprio dietro le mie spalle, su una specie di tribuna dove stanno anche due telecamere.
Secondo il programma ci sono parecchie manifestazioni, cortei celebrativi, mostre, concerti e altro, ogni giorno e distribuite in tutta la città. Mostre storiche, conferenze, cortei storici e no per le strade, concerti, ecc. Ma bisognerebbe risiedere qui per vedere tutto, e spostarsi qua e là per la città. In auto, penso, ma c'è anche un servizio di autobus, realizzato con i bus scolastici, non so se pubblico o riservato a qualche categoria.
Dal fondo della pista a sinistra c’è invece l’ingresso per altri esercizi che richiedono un percorso lungo, quelli con i vitelli. Non ho mai visto un rodeo e ci metto quindi un po' a capire cosa stanno facendo, anche se le regole precise mi restano ignote. In uno, un cowboy affianca il vitello e ci si lascia cadere sopra in corsa, poi lo ferma sdraiandolo a terra, torcendogli la testa, poi gli lega le gambe con un rapido movimento. Tutti sono molto veloci a farlo. In un altro, due lo inseguono e in contemporanea col lazo uno gli prende la testa e l'altro la zampa posteriore. È impressionante la facilità e la velocità con cui buttano il lazo e lo prendono. A qualcuno va buca, ma è raro. Appena terminata la prova i vitelli vengono liberati dai compari e trotterellano via tranquilli. In pista ci sono sempre presenti alcuni degli animali che hanno partecipato alle prove precedenti. Pian piano vengono recuperati, senza fretta, e riportati ai recinti esterni, il tutto mentre proseguono tutte le varie attività. Alcuni ci vanno da soli, sembra conoscano la strada, altri fanno qualche giro, guardando curiosi la folla. Adesso si è formato un gruppetto di tre cavalli che trotterella in sincronia.
Non ci sono i contestatori della domenica, come da noi, ovviamente, a lamentare lo stress degli animali. Qua sono tutti allevatori, e penso che nessuno di questi splendidi animali sia cresciuto in una stalla al chiuso. Ce ne sono tantissimi fuori, nei recinti: mai visti tanti tutti assieme.
Verso le 17 lascio, ormai ho capito come funzia, e sono terminate le prove. Una ventina di ragazze in costume a cavallo si esibiscono, portando le bandiere con le sigle degli sponsor, in una serie di giri e ad effetto nell’arena, mentre lo speaker legge la graduatoria finale dei vincitori delle varie categorie. Il pubblico comincia ad andare via. Bello spettacolo, interessante e caratteristico, sia dentro l’arena che sulle gradinate. E’ interessante la semplicità del tutto, questa è la massima manifestazione dello stato con rilevanza federale, eppure si avverte la semplicità di una fiera di campagna, e la professionalità di persone che fanno davvero questo lavoro ogni giorno, e che sono contente e orgogliose di mostrarlo partecipando ad una festa.
Le scale sono piene di persone, naturalmente, per cui mi appoggio alla ringhiera un po’ e guardo i recinti sotto. Il complesso è davvero molto grande, immagino che nel resto dell’anno ci facciano altre attività.
Alla fine riesco a scendere e ,sorpassando le tante famiglie che indugiano, mi dirigo verso i capannoni. Ci dev’essere da qualche parte l’area dedicata agli indiani, e altre dedicate alle vendite. Voglio anche vedere dove sta l’area dei concerti e se sta vicina al parcheggio. Infatti non voglio fare tardi, sia perché non voglio rischiare che chiudano la zona dove ho parcheggiato l’auto, sia perché devo anche trovare la strada per tornare a Laramie.
Visito quindi l’area dedicata alle baracchine e vendite, che stanno sia all'aperto, dove ci sono zone dove sedersi a mangiare, sia sotto le scalinate e dentro alcuni grandi capannoni. C'è pure un grande stand della Wrangler, che evidentemente produce molta più roba di quella che vediamo in Italia: pantaloni anche da ufficio, camicie, giubbotti, calze e biancheria, giacche, borse, gadget ecc. Ci son pure poci stand speciali per animali, dove intravvedo un piccolo somaro e alcuni cavalli grossi europei, una rarità qui. Poi anche gli stand della guardia nazionale e dell’esercito, per la pubblicità e il reclutamento, proprio come nei film. E poi le giostre.
Prezzi da ladro e robaccia in vendita.Tanta gente, famiglie, bambini. Tanti che mangiano, ci sono anche parecchi ciccioni – una netta minoranza, mentre a Laramie mancano quasi del tutto -. Quasi tutti indossano qualcosa di western, alcuni sono proprio vestiti apposta, esagerati.
C'è pure una grande tendone con bar e un palco dove sta suonando un complessino, musica country rock niente male. Alcuni ragazzi stanno ballando davanti. Ecco, questo sempra spontaneo, e mi piace molto.
Ogni stand o locazione è numerata con un grande numero, ci si orienta bene con facilità. È come una nostra festa dell’unità, ma prezzi e qualità sono peggio. Tra la folla non ho udito alcuna lingua diversa dall’inglese, se ci sono dei turisti sono nascosti bene.
In un grande prato c’è una mostra di roba antica vecchio west. Affisso a una palizzata trovo un programma, leggo che a quest'ora ci dev’essere un concerto di musica indiana. Corro al villaggio indiano: è un grande spazio erboso circondato da una palizzata in legno tipo forte del west. Una metà è chiusa e ci sono tante tende indiane. All’interno una struttura circolare di gradinate intronchi di legno che circonda un prato di erba verde con al centro un gazebo in legno, dove un tizio in piedi, vestito in costume, suona una nenia con uno strano flauto di legno, piuttosto monotona. Addossati alla palizzata si aprono tanti negozietti in legno di oggetti, belli e anche prezzi buoni. L'acqua per esempio qua costa due dollari anziché tre come fuori. Magari hanno meno tasse, chissà.
Quando torno dopo u ulteriore giertto, ci trovo seduti diversi personaggi di notevole dimensione con le spalle al pubblico e intenti a suonare tamburi e flauti, mentre alcune ragazze e bambini in costume danzano nel prato. Mi siedo a guardare. Lo spettacolo è gratuito, non raccolgono nemmeno offerte, si vede che si accontentano degli acquisti ai loro negozi.
Uno speaker presenta sia le danze che i danzatori, vengono da ogni tribù. A guardare bene mi sa che sono pochi, i costumi fanno effetto ma sembrano davvero abiti da scena, non veri, e i tizi che li indossano sembrano ragionieri e idraulici in trasferta. E forse lo sono, ma il risultato è interessante comunque. Ma le musiche mi sembrano davvero tutte uguali, e dire che dovrei avere un po’ di orecchio per queste musiche. E per le danze idem, se c’è una logica narrativa o qualcosa del genere io non la vedo proprio. Lo spettacolo comunque c’è, si danno da fare parecchio e seriamente. C’è anche parecchia gente seduta a guardare.
Giro tra le bancarelle, c’è un po’ di tutto: roba da mangiare tipo messicano, gioielli in argento e con pietre lavorate, oggettistica indiana in legno o in pelle, borse, cuoio, attrezzi, archi e frecce, dipinti e anche strumenti musicali. Alcune cose sembrano fatte bene ma, tranne i gioielli, la maggior parte è rozza, fatta giusto ad uso commerciale. C’è pure il tipo che suonava e che vende i flauti in legno, bellini, ma 200 o 300 dollari non ritengo proprio sia il caso di spenderli. Trovo invece, tra le altre, le trappole dei sogni del tipo che avevo comperato in Arizona; e infatti vengono da là, sono Navajo, con tanto di certificato e foto dell’autore. Ne compero un paio dal grosso tipo, enorme e gentilissimo – sembra davvero indiano, uno di quelli grossi di Cocco Bill. Spero non vengano dalla Cina pure questi. Li preferisco perchè sembrano veri, hanno l’aspetto di roba che si può vedere in un museo, mentre in generale gli altri sono proprio roba da turisti. La parte indiana non è quindi male, anzi è la migliore, dopo il rodeo.
A sera il concerto, 20.30 – 22.30. Sul lato ovest dello stadio, entro uno spazio recintato da una rete, dove hanno preparato un enorme palco attrezzato. Sui due lati due monumentali gruppi di altoparlanti, e poi due schermi giganti al plasma di ottima qualità.
Adesso, il sole sta tramontando, c’è una grande folla in giro. I cancelli sono sorvegliati dai soliti anziani ambosessi in costume western, gentilissimi ed efficientissimi. Mi ritirano il biglietto e mi allacciano al polso un bracciale di plastica. Dentro tanti ragazzi, vestiti in tutti i modi possibile, ma principalmente casual. Noto che sono tutti giovanissimi (mi sento un po’ fuori posto). Spero non sia musicaccia moderna, il programma diceva country. E country è, quando iniziano a suonare, puntualissimi, noto che è country rock di ottima qualità. Interessante, ma la musica non è sufficiente da sola, bisognerebbe magari capire le canzoni, ma non ci riesco. A quanto pare il cantante è molto conosciuto.
Noto che noi paganti col bracciale al braccio siamo in piedi ai piedi del palco, ma sono utili i due maxi schermi ai lati. Subito dietro la rete di recinzione, a dieci metri, ci sono tantissime persone comodamente sedute sulle sedie dello stadio che guardano. Quindi la prossima volta ci vado pure io, risparmio e sto più comodo. I ragazzi sono socievoli e composti, in gruppi, a coppie, anche soli. Girano parecchi bicchieri di birra. Ambiente cordiale, piacevole. Molto molto diverso che da casa. L’impressione è che questi non hanno spesso occasione di stare assieme.
Ascolto parecchie canzoni, ma dopo un’ora mi stufo e abbandono. Ormai è buio.
C’è ancora molta gente, traverso la strada e vado alla macchina, il cortile dove è parcheggiata è ancora aperto. Sono stati di parola, sono io che vivo in un posto dove non ci si può più fidare di nessuno.
Mi avvio e mi perdo nelle infinite rotonde e svincoli della tangenziale di Cheyenne, quasi senza indicazioni. Tutto deserto ma trovo un tipo che porta a spasso il cane e mi spiega da che parte andare. Non sono nemmeno molto fuori strada. Ma è deserto. Noto che la luna piena è a ovest, quindi indica la direzione esatta della mia destinazione. Insomma ce la faccio ad arrivare all’hotel per le 23.30, la città è deserta e buia. A letto.
Il giorno dopo vado a fare il pieno al distributore proprio davanti l’hotel. È tutto spiegato chiaro come fare e ci riesco senza problemi, tranne verificare che sia davvero benzina. Riporto l’auto e un simpatico meccanico mi riaccompagna all’hotel. È curioso perchè di stranieri ne capitano pochi: lui è nato molto lontano in un altro stato; è passato di qui e gli è piaciuto il posto, ci ha lavorato per un po’ e poi ci è rimasto. Solita storia, di un'altra nazione.
Oggi mi riposo e visito Laramie, le sue librerie, l'università, i suoi bar/salotti letterari di cibo naturale.
Domani mi aspettano al ranch, Bill e il mio cavallo.
Tuesday, August 22, 2006
2005, Seven day horseback in Colorado (translation)
Seven day horseback in Colorado
I would a different vacation, with little time on tap, and alone. An active thing, planned but not too much, not a mass touring, no shops or tv. Accidentally I find in a comics the idea, seek the web, select, resolve and go.
The result ? Unbelievable, wonderful, a lot better than I expected, a considerable experience (for me, I haven’t your twenty years!). I have been in a “dude ranch”, the Laramie River Dude Ranch.
(www.lrranch.com).
It is in Colorado, near the city of Laramie, Wyoming: the state boundary is near there, and there is also the State University. It stays on a table land 2400 meters high, along the Laramie river, in the earth of the legendary far west.
They rise horses (72) and accommodate groups of not over 25 persons from April to September. Hospitality is extraordinary, they care a lot to a homely feeling, hospitable and nice, embroiling guests. Amongst the available activities I appreciated the riding. Cuisine was traditional and of very high level. Personnel were highly professional.
From the ranch, by mail they sent me a list of needful things to bring (jeans and layer clothes, nights are cold), the remainder is not useful, or they take care of it (boots and hat). And a detailed questionnaire to know my expectations and mostly my horse experience (nothing). I send my credit card info by fax (not by mail) for the advance payment and they send me the receipt at once. Good sign. By internet I reserve also the hotel in Laramie, the Motel 6, excellent and cheap, but without the shuttle for the airport – you’d better reserve ahead another hotel with shuttle, or rent a car in Denver. Otherwise phone to the taxi and deal with it.
I leave on Friday morning from Bologna, stop in Monaco and Washington, land in Denver. At ten in the night of Friday a little twin engined with two rows of seats that resembles a bus, two highly professional pilots, deposits me and other eight persons – two already with boots and cowboy hats – in the little and very effective airport in Laramie. We are already in the mood: no traffic, everything simple, wide and efficient, large roads.
While I try to seek a taxi – where can I find one at this time? – one of the passenger offers me a passage with his pick-up for the 10 km to the hotel. From the ranch they will come to pick me up on Sunday at 13 am – in the ranches you stay a week or half -. On Saturday I visit the city. Beautiful, 25.000 inhabitants plus students, wood cottages in the suburbs, and brick houses in center.
Characteristic cafes, a western one surely not artificial, a western stuff store where I buy the wrangler jeans that the ranch recommended to ride (and is true) and a strong shirt long sleeve. Again on their recommendations I had brought from home some bike pants, that turned out to be miraculous. Low prices, unusual courtesy and a professionalism unknown in Italy. I wander in the city, large cars and pick-ups, I find few people, nice and warm. A lot of quality libraries, also of used books, all tidy and well kept. People don’t look much rich, but they all seem to work, and walk with no hurry.
I reach the Wyoming University campus, that is here, another world. Among trees, green meadows and squirrels there arise big buildings in orange stones. No inscriptions, no wastepaper, I enter and go where I want, nobody disturbs me. I reach the student centre, managed by students. It looks like a huge sitting room, with cafe, opened study area, a fabulous shop and a library to dream. I make use of one of the many free internet posts to mail home. I visit also the little geology museum, full of dinosaurs, a wonder.
Of course I visit the local fire-fighters, that welcome me as usually (I am also a fireman).
On Sunday at 14, with a ranch car, a young man come to pick me up: Andrew, with just dusted clothes, very pleasant. In an hour he carry me to the ranch along a road, not asphalted but in very good state, that rise to the table land where the Laramie river flow, and I see the pastures. I see also some ranches. He says that one rises steers, another rises buffalos. Sky is dark blue, the wind strong, dry and fragrant of aromatic plants. Everywhere the brushy prairie, in the distance the peaks of red mountains covered of snow and woods.
On the road it passes a pick-up every two hours on the average. It looks a lot like Sardinia. We talk of many things, he help me to understand well the language, I am not used to spoken English. He is assigned to a lot of little works. He take me to a group of fine buildings, with fences and barns. He brings my bag and lead me in an office where a girl, Becky, welcome me, give me a folder with the week plan, then shows me my room with bathroom (perfect, clean, also the bath is ornate with wood, on the furniture a flower and a pot with fresh cookies!). Then she show me the others things.
She says I can eat what I want and when, go everywhere except, please, the kitchen and main stable. I have to remember to close the fences, otherwise animals could make damages. There are wonderful cookies every day, fruits and beverages (you have to bring by yourself only alcoholics). She shows me the sheet with the activity to select for tomorrow. I sign for the base ride, I never saw a horse, but want to try, why not?
In the worst case, I could make a lot of hikes, woods and red mountains and the river are there outside. The place is wonderful, a main lodge recently renewed, built in wood, with outer porch with tables and chairs, and inside it is ornate with pictures and horse statues. Outside there are cottages, too, for families. Everywhere book shelves. A large ancient fireplace in the public living room.
The dining room has four large tables and wide panes on the pasture and the river that flows near twenty meters. The other guests arrives, all americans or english, all of them friendly, warm and very well mannered. No italians, never seen one. Very well. Again: here nobody smokes, no tv, no radio, nobody shows off or let rings cellular phone (for who doesn’t know, out of Italy they are regarded as a rudeness).
At 17 in a barn Krista, the hostess, set the saddles for who want to ride; I get also boots and a hat (needful). At 18 they dish snacks and at 19 the bell calls for supper. Wonderful: a one dish with a lot of food, side dish and a fabulous dessert). Every day three meals always different. After, some talks, tea, coffee and cookies, but I go to bed, have the time zone to handle. Outside the moon and starry sky, clear: an incredible silence, I hear hardly the river.
Monday morning at 6 I am awake, near the window of my room there are horses that graze and look at me, curious and beautiful with the rising sun that frames their manes.
I go out for a walk along the crystal-like river. Ground is frozen, sky is blue, in the silence only the sound of hoofs, crows and magpies that flutter everywhere. At 8.30 I am at the table for breakfast (american style) with other guests, and at 9 a first lesson begins for who want to ride near the corral. In 15 minutes the head wrangler, Shawn, explains us the essential about horses, behavior and some orders to do.
Then he calls us by name, one by one, for the immediate practice to do in the corral. He holds the reins of the horse he selected for me. After the introduction (how do I approach a horse?) I mount and in some way we go to try the basic commands: forward, stop, on the right, on the left. There is also the reverse! Wow, it works! The animal – a beautiful red and grey male with a long mane – is cooperative and docile, patiently tolerates me. With some recommendations and adjusting we all take off for a stroll in the pastures, walking in a row behind the wrangler in charge, a girl. The group is intentionally small, we are only four.
Oddly all goes well, the horse already knows what to do, and I do what he says, I sit really comfortable and slowly I relax and enjoy the landscape. I understand that to not suffer the bumps I have to let my basin move in synch with the horse moves, and also uphill and downhill, and so on.
He is very perceptive to every smallest reins move, and I feel that he is examining me. Interesting. After a calm stroll of a couple of hours, the wrangler brings us back to the corral and let us dismount, one by one, and asks our sensations, feelings and possible problems.
While going to my room to change my clothes, I talk with the other guests and it seem that they all are experienced; I am the only real novice. Now I also walk strange, because the boots with heels and the stiffen legs, not mentioning some weird feelings in the back and butt. But everything will be normal at the end of the week.
In the afternoon is the same, and on Tuesday we go to recover some steers in a pasture to do a crew exercise/game in the corral! The game consists in a team work to separate three steers from the herd and lead them in another little fence. Easy to say, but not to make.
It is a very good practice to get confidence with the horse, the steers drive us mad, but finally we make it. Then they teach us trotting, and here some problems arise, a pain in back and butt. Lucky me, today I have the bike pants on, padded where it is useful.
To make it short, Wednesday I canter down in the prairie, I have understood how to move to get in synch with the horse moves (he too is fine, he feels everything) and, also with some bruises, back pain and some aching, I realize that I like the thing a lot, really I take delight of it, I didn’t expected such a feeling.
The horse power is impressive, you feel it when it passes through your body, not mentioning his joy to run. Indescribable, and now I understand a lot of other things. I also realize, with astonishment, that the animal communicate not verbally with me in a strong way; later some unexpected things will happen to me (they are private, sorry, but later at home I found that this is known and there are many papers about).
Horses are really beautiful, they are really like the ones in cowboy‘s movies. They are very perceptive, understand on the fly and carefully examine you, trying to make you do what they want, so you have to reach an agreement about who is in charge, without exceeding.
I am very amazed by the cleanness, the good smell and the tranquillity of these animals, maybe because they grow almost free in these boundless prairies, and not indoor like ours, where they end to be nervous and stinking.
Our clothing? They recommended me Wrangler jeans “cowboy cut”, large – the best to ride – , a shirt with long sleeves and a spare jacket, boots with heels and large hat, lipstick, sun oil, insect repellent (not useful in September).
They provided a personal water bottle – you have to drink a lot, climate is dry – and if you need something, a helmet or gloves, they provide. I am the one always in shirt only, all others seem to feel cold, maybe they live in California, who knows.
We ride in really fine and wild places, the wavy prairie perfumes of aromatic grass and bushes, air is dry and fresh, sun hit and the hat helps.
We cross rivers with clear water, climb hills and cross woods of pines and aspens, along trails also rather steep and rough, but horses are safe and calm, so I too am easy. Everywhere animals, rabbits, antelope herds, deer, birds of every kind, eagle and hawks.
Only Indians are absent.
Well, there is Clay, the wrangler with a feather on his hat, who tells us of his Cherokee great grandfather, but by this time…
Wranglers discreetly watch over us, and take turns to lead us around and give counsels. They are all boys and girls, young and experienced, students who make a summer work. They tell us about their life and ask for ours, always warm and available.
They work hard all the day, but always seem to have fun with us. And I believe this, because on Thursday Clay forgets that it is his free day. Days go by in fine way with always different trails and canters in these unbounded prairies, nearby the ranch. We spend hours together the wranglers and the two owners, Bill and Krista, who often are with us, for dinner and lunch, eat with us and often dish out at the tables. And with other guests, on the porches and after dinner, to play or listen music or the conferences with slides by the naturalist.
I asked about grooming, and a wrangler brought me in a barn to show me how to do, letting me try to brush a horse. Is a beautiful white mare, she explain me that is very old and retired, so they take care and feed her with a special diet for the few years left. If you want you can also saddle the horse by yourself, have to ask.
There is also a lesson on horse behaviour, interesting. Every day is an adventure and new things to discover. Also fishermen are satisfied and so other guest who prefer hike or read a book on the rocking chair, or get around for photos. Heaven.
A lot of little bothering diseases of mine, that my friends anticipated that had to get worse, on the contrary have disappeared. Maybe is water, maybe altitude, or the clean air? By night the silence is broken only by coyotes chorus or by the howl of a lonely elk. In the early morning only the remote flowing of the river and the hoofs or whinnies of horses playing in the pasture.
On Thursday is possible to join a cattle ride with about 300 steers that a neighbour has to move, is an all day ride and you have to take control of animals. Maybe for me is a little too early, also if very amusing. On Friday is scheduled an all day ride in the adjacent national park, with lunch on the spot.
The day is wonderful, the sceneries like postal cards, we all go back at 19, tired but happy. By now my pains have vanished.
The last night, Saturday, is full moon, and we stand outdoors around a little campfire roasting marshmallows (I didn’t like much, but is a tradition). The naturalist tells and plays – properly – cowboy and gunman local stories. By this time we play safely each other, guests and wranglers. We had also other activities, but for shortness I skip them here, and I hadn’t the time to join some others.
On Sunday I wave off everybody, with strong and deep sadness, in a special manner for my horse. A guest gives me a passage to Denver, where I’ll catch the fly to go home and to my work desk.
Beautiful memories this time, really. Next year I would come back for the advanced level, or something like. To canter in the pasture, here, is a too powerful experience. And bear in mind that I never cared much of western stuff.
It is also possible to join in some week horseback trails with tent in the great national parks in USA or Canada, to see wolves or bears, who know; landscapes in web films are unbelievable. If you are interested there are also week trails to follow the cattle moving from a state to other (remember the movie “City slickers”?).
Otherwise you can go in July to the great western show in Cheyenne, that lasts a week, with every conceivable specialty, and I believe that it isn’t a fake for tourists. Have a look by yourself, in Italy we surely can’t find things such those. And I guarantee that over there cattle doesn’t stink, go and find why…
DRACO
I realize, reading it now, that it is not quite accurate, and that there are also some errors (names, numbers, days), that I fixed in the translation. Please consider that I have not understood and don’t remember exactly everything, and I don’t know a lot of things.
Moreover I wrote it for Italian readers, that don’t know and can’t understand a lot of things. But I don’t think there are problems, for the general purpose and the readers of this text.
I left off a final part about what dude and working ranch are.
Sunday, August 20, 2006
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi IV parte
IV PARTE
PRESENZE
Greg ci avvisa che oggi pomeriggio ci aspetta un cammino lungo, almeno 5 ore, per arrivare al campo. Oltre quel passo lassù, in fondo alla valle. La valle è occupata da un bosco vecchio, in parte carbonizzato, in parte folto di barbe, rami secchi e pieno di tronchi caduti, come al solito.
In un’ora arriviamo al passo, non molto alto, e ci troviamo in una specie di corridoio. E un paesaggio strano, diverso. Già non so più che giorno è, la sensazione è di irrealtà. Limpido, colorato, nitido. Un susseguirsi di boschi, radure e prati, di alberi antichi eppure vitali. Colori vivaci, il verde scuro delle foglie piccole e folte, che non nascondono mai il cielo cobalto, contrasta col rosso marrone brillante dei tronchi rugosi e dei rami stranamente contorti come sculture. Qua e là qualche tronco morto affianca quelli vivi, completamente bianco per il tempo, come fantasmi. Può essere lì da decenni o forse secoli. L’erba corta, folta, verde scuro è piena di fiori, e qua e là spuntano numerose grandi corna di cervo, candide come i tronchi. Non so come spiegarlo, ma dà una netta sensazione di pulito, un bosco ordinato, e pure spolverato. Niente grovigli di rami secchi, o di licheni cascanti e barbosi, né mucchi si rami o foglie, o zone secche. Come camminare in un enorme palazzo passando da una stanza all’altra. È come passare da osservatori in una zona sospesa tra due dimensioni. Presente “Le nebbie di Avalon”? Circa così, una specie di luogo sacro e mistico. Se esistono spiriti dei boschi, devono stare qua.
Rocce rosse e grigie affiancano a destra e a sinistra il largo corridoio che percorriamo; a un tratto noto delle caverne, vicine, con l’apertura rotonda e buia, proprio come nelle storie di draghi. E silenzio, un’inaspettata assenza di suoni; niente torrente quassù, gli zoccoli ferrati dei cavalli calpestano silenziosi il folto tappeto di erba e muschio. Difficile pensare di parlare e spezzare questo silenzio.
È costante la sensazione di essere osservati da qualcosa, nascosto tra gli alberi, offeso dalla nostra presenza e celato in attesa che togliamo il disturbo. La presenza ai bordi delle macchie di candide ossa e parti di scheletro di grandi animali, contrasta e arricchisce l’atmosfera del luogo. Ovviamente penso a orsi e lupi, chi altro può esserci quassù. Noto che Greg guarda continuamente a sinistra e a destra, a volte indietro, cercando o aspettandosi qualcosa. Noi pure. Ma i cavalli sono tranquilli, se non percepiscono pericoli loro, va tutto bene. Magari sanno benissimo chi o cosa c’è qua, e dove. Ma se non è roba pericolosa non dicono niente, i cavalli son fatti così.
Arriviamo in fondo, una specie di grande piazzale fiorito affacciato sull’altra valle in basso. Poi la discesa, un sentiero ripido giù per il bosco fitto, disseminato di rocce e grandi radici, che Fuzzy scavalca senza problemi infilandosi a forza tra tronchi e rami rividi e spinosi con passo regolare e sicuro. Io lo seguo, riparandomi ogni tanto la faccia con la tesa del cappello e spingendo con la mano su rami e tronchi troppo vicini.
RITORNO AL PRESENTE
Nuvole sparite, sole. Ultimo giorno, ma non lo sento tale, è solo un altro giorno di cammino verso non so dove. Facciamo le cose come sempre, smontiamo le tende, colazione, carichiamo gli animali e partiamo. Prima le due file di animali di Cindy e di Ray, poi noialtri sette, tre umani, tre cavalli e il mulo nero. Come sempre lasciamo il campo pulito e intatto come l'abbiamo trovato. Traversiamo il torrente limpido e freddo, il più grande e profondo incontrato finora nel nostro viaggio, il sole brilla sulle onde veloci della corrente. La vegetazione è molto fitta, non è immediato risalire sulle sponde, bisogna infilarsi con forza dentro i cespugli che graffiano le gambe di tutti.
Man mano che scendiamo lungo la valle la vegetazione si fa sempre più fitta e umida, vedo anche alcuni funghi spuntare dal folto muschio che cresce sotto gli abeti, coperti di licheni. La pista - che al solito solo Greg vede - attraversa molte volte il torrente, che si fa sempre più largo e profondo. Nei guadi il livello dell'acqua non raggiunge mai la pancia dei cavalli, ma un paio di volte arriva alle staffe. Ed è sempre cristallina; Fuzzy guarda con attenzione dove posare gli zoccoli e traversa senza problemi. Mi sa che hanno contribuito anche le piogge di ieri. E penso che dipende anche dal tempo il poter traversare un torrente e potere percorrere una strada anziché un'altra. Bè, anche dove abito io capita, giusto quando i fiumi tracimano o la neve è troppa, ma è cosa molto rara e non ci si pensa mai.
Ci sono anche tante cascate, oltre ai tanti torrenti sempre più ricchi di acqua e veloci che andiamo incontrando. L'acqua ci sbarra continuamente la strada, tronchi e rami ci ostacolano, bisogna infilarsi nel folto del bosco e dei cespugli, chinarsi e strusciare contro tronchi antichi per riuscire a passare e sbucare alla fine in un qualche prato o radura. È come se qualcosa non ci volessero lasciare passare, e dovessimo varcare infiniti portali e barriere per uscire da questa terra, attraverso un percorso tortuoso e difficile da trovare.
Magari lavoro troppo di fantasia, ma come si fa quando si sa di tornare ad una realtà di casino, traffico, catene e inquinamento totale come è il posto dove abito? Fa bene sapere che non è l'unica realtà, e che sul pianeta ci sono ancora posti sani. Ben più sacri e antichi di una cattedrale, dove si può ancora sentire il respiro di Gaia.
Dopo ore Greg interrompe il silenzio: "Questo era l'ultimo torrente da attraversare, non ce ne sono più" e riprende ad avanzare col suo passo tranquillo. Oltre gli ultimi alberi ci troviamo improvvisamente sul bordo di una strada asfaltata, deserta. E per la prima volta Fuzzy si arresta, rifiutandosi di proseguire. Dopo avere traversato senza problemi torrenti gelati e rombanti, foreste oscure, discese su ghiaioni, corso su sentierini quasi inesistenti sull'orlo di precipizi, scavalcato tronchi e buche e pozze di fango, per la prima volta rigido, con le orecchie diritte e lo sguardo fisso, mostra timore di qualcosa. Seguo il suo sguardo: un segnale stradale.
Percorriamo il sentiero sul bordo che costeggia la strada e il fiume, dove passa anche qualche camion di servizio della forestale, fino ad un largo piazzale dove ci aspettano gli altri. Gli animali sono già la strada alla solita corda presso un camion per il trasporto degli animali, e c'è pure un pulmino con un collega della Warner's che sta caricando i nostri bagagli. La nostra avventura finisce qui.
Ma non del tutto. Salutati e ringraziati i ragazzi e i cavalli, senza più sapere bene che giorno sia e dove siamo finiti, saliamo sul pulmino e partiamo. La strada è lunga, ci vorrà un paio di ore per ritornare a Banff, passando per Canmore dalla parte di Calgary. Chissà quanta strada abbiamo fatto in questi giorni, e dove. Chissà quanti giorni di cavallo ci volevano per andare da Bologna a Roma, con lo stesso cavallo? Racconta Giulio Cesare di essere andato, una volta, da Roma in Gallia in due giorni per prendere il comando dell'esercito che lo aspettava. Ma cambiando continuamente cavallo però. E chissà come stava la sua schiena?
Ci fermiamo a comperare qualcosa da mangiare in una stazione di servizio, ancora dentro la foresta. Fuori solo mezzi della forestale, dentro alcune persone in abito da lavoro, direi taglialegna, ma è difficile distinguerli dal barista. Sugli scaffali del mercatino sono esposti stivali, attrezzi impolverati, caschi da lavoro, guanti, e impermeabili. Sui muri mappe della zona. Le cose indispensabili in un posto come questo.
Il temporale ci ha finalmente raggiunti, e pure la grandine. Cindy e Ray viaggiano con noi, avranno due giorni liberi prima della prossima spedizione. E così fino a ottobre. Greg invece è rimasto solo con i cavalli; lo raggiungeranno con altri tre cavalli, gli ospiti sono cinque la prossima settimana.
Man mano che ci avviciniamo a Banff il traffico aumenta, e pure il caldo. Mi rendo conto che stiamo viaggiando seduti su un sedile imbottito e con un tetto sopra, cosa che non faccio da una settimana.
In città entriamo nel negozio dal retro; restituisco gli oggetti noleggiati, saluto tutti ed esco sulla strada principale con bagagli e valigie e mi incammino verso l'hotel. Noto che qualche passante mi osserva, e mi rendo conto all'improvviso di essere in mezzo alla folla dell'elegante passeggio pomeridiano di Banff, vestito ancora come nella foresta, col cappello dietro le spalle, impolverato e con camicia, wrangler sporchi e stivali peggio, abbronzato e con la barba da sistemare. I miei vestiti emanano anche un notevole odore equino. I passanti, invece, per lo più son qui a Banff proprio per sfoggiare la propria presenza sulla lussuosa Main Street, l'equivalente di viale Ceccarini o di Via del Corso. Quindi solo per un attimo mi sento fuori posto, poi penso che forse lo sono loro.
Mentre cammino in zona boutique, tra i folti gruppi di giapponesi, tedeschi e statunitensi, sento parlare alcuni italiani, i primi da quando sto qua; giro alla larga, ma tanto non mi riconoscono di sicuro così conciato.
Mi affretto verso l'hotel, a cambiarmi e lavarmi. E intanto penso che 'sto Canada è proprio bello; bisognerebbe vederne di più.
*********************************************************************************
UN PO' DI DATI
L'azienda che ha organizzato questo tipo di viaggio è la
Warner Guiding & Outfit
, Box 2280 Banff, AB T1L 1C1
Phone: 403-762-4551 Fax: 403-762-8130, Toll Free: 1-800-661-8352
E-mail: warner@horseback.com
Trovate il catalogo delle loro proposte, estive e invernali, in http://www.horseback.com/,. Ci sono pure spedizioni speciali naturalistiche, nel territorio dei lupi o in quello degli orsi, di costo molto conveniente. È possibile visitare a cavallo splendidi posti nel parco, ma meno lontani dei nostri, partendo quotidianamente da bungalow o da un campo fisso. Costi da 1194.00$c a 1356.00$c (840€-950€), veramente poco.E per ogni tipo di attività ci sono soluzioni da tre, quattro, cinque o sei giorni.
Il tipo di viaggio che ho scelto io è il più "avventuroso" e costoso: $1770.00 canadesi, pari a $1609.00 americani, ovvero 1,241 euro. Vanno aggiunti i costi del materiale a noleggio (sacco pelo, borse e indumenti vari), circa altri 100 $ canadesi, e la mancia per ciascuna delle guide, che per una settimana va dai 30 ai 100 dollari canadesi. (1$can = 0.7€).
Per l'albergo, o B&B o altro, a Banff si trova facilmente, ma costa parecchio perchè sta dentro il parco. Consiglio di cercare a Calgary o Canmore, più economici. Il taxi o il bus per Banff si trova sia all'aeroporto di Calgary, dove stanno gli uffici - ben segnalati -, che tramite l'albergo. Per entrare nel parco c'è un pedaggio di circa 40 dollari.
Per il materiale da portare, è tutto descritto nel loro sito.
La Warner's non è la sola azienda che offre questi viaggi, in Canada ce ne sono tante altre, vedi ad esempio:
http://www.canadawilderness.com/el_adventure_w_horse.htm
http://www.hiddentrails.com/usa/cd/index.htm
Inoltre ci sono ottimi ranch, in Canada, come negli Stati Uniti, ma costano meno, e non gli manca nulla, vista la forte tradizione western che sopravvive in Canada.
Se vi serve qualche informazione, sono a disposizione: draco9@tiscali.it
PRESENZE
Greg ci avvisa che oggi pomeriggio ci aspetta un cammino lungo, almeno 5 ore, per arrivare al campo. Oltre quel passo lassù, in fondo alla valle. La valle è occupata da un bosco vecchio, in parte carbonizzato, in parte folto di barbe, rami secchi e pieno di tronchi caduti, come al solito.
In un’ora arriviamo al passo, non molto alto, e ci troviamo in una specie di corridoio. E un paesaggio strano, diverso. Già non so più che giorno è, la sensazione è di irrealtà. Limpido, colorato, nitido. Un susseguirsi di boschi, radure e prati, di alberi antichi eppure vitali. Colori vivaci, il verde scuro delle foglie piccole e folte, che non nascondono mai il cielo cobalto, contrasta col rosso marrone brillante dei tronchi rugosi e dei rami stranamente contorti come sculture. Qua e là qualche tronco morto affianca quelli vivi, completamente bianco per il tempo, come fantasmi. Può essere lì da decenni o forse secoli. L’erba corta, folta, verde scuro è piena di fiori, e qua e là spuntano numerose grandi corna di cervo, candide come i tronchi. Non so come spiegarlo, ma dà una netta sensazione di pulito, un bosco ordinato, e pure spolverato. Niente grovigli di rami secchi, o di licheni cascanti e barbosi, né mucchi si rami o foglie, o zone secche. Come camminare in un enorme palazzo passando da una stanza all’altra. È come passare da osservatori in una zona sospesa tra due dimensioni. Presente “Le nebbie di Avalon”? Circa così, una specie di luogo sacro e mistico. Se esistono spiriti dei boschi, devono stare qua.
Rocce rosse e grigie affiancano a destra e a sinistra il largo corridoio che percorriamo; a un tratto noto delle caverne, vicine, con l’apertura rotonda e buia, proprio come nelle storie di draghi. E silenzio, un’inaspettata assenza di suoni; niente torrente quassù, gli zoccoli ferrati dei cavalli calpestano silenziosi il folto tappeto di erba e muschio. Difficile pensare di parlare e spezzare questo silenzio.
È costante la sensazione di essere osservati da qualcosa, nascosto tra gli alberi, offeso dalla nostra presenza e celato in attesa che togliamo il disturbo. La presenza ai bordi delle macchie di candide ossa e parti di scheletro di grandi animali, contrasta e arricchisce l’atmosfera del luogo. Ovviamente penso a orsi e lupi, chi altro può esserci quassù. Noto che Greg guarda continuamente a sinistra e a destra, a volte indietro, cercando o aspettandosi qualcosa. Noi pure. Ma i cavalli sono tranquilli, se non percepiscono pericoli loro, va tutto bene. Magari sanno benissimo chi o cosa c’è qua, e dove. Ma se non è roba pericolosa non dicono niente, i cavalli son fatti così.
Arriviamo in fondo, una specie di grande piazzale fiorito affacciato sull’altra valle in basso. Poi la discesa, un sentiero ripido giù per il bosco fitto, disseminato di rocce e grandi radici, che Fuzzy scavalca senza problemi infilandosi a forza tra tronchi e rami rividi e spinosi con passo regolare e sicuro. Io lo seguo, riparandomi ogni tanto la faccia con la tesa del cappello e spingendo con la mano su rami e tronchi troppo vicini.
RITORNO AL PRESENTE
Nuvole sparite, sole. Ultimo giorno, ma non lo sento tale, è solo un altro giorno di cammino verso non so dove. Facciamo le cose come sempre, smontiamo le tende, colazione, carichiamo gli animali e partiamo. Prima le due file di animali di Cindy e di Ray, poi noialtri sette, tre umani, tre cavalli e il mulo nero. Come sempre lasciamo il campo pulito e intatto come l'abbiamo trovato. Traversiamo il torrente limpido e freddo, il più grande e profondo incontrato finora nel nostro viaggio, il sole brilla sulle onde veloci della corrente. La vegetazione è molto fitta, non è immediato risalire sulle sponde, bisogna infilarsi con forza dentro i cespugli che graffiano le gambe di tutti.
Man mano che scendiamo lungo la valle la vegetazione si fa sempre più fitta e umida, vedo anche alcuni funghi spuntare dal folto muschio che cresce sotto gli abeti, coperti di licheni. La pista - che al solito solo Greg vede - attraversa molte volte il torrente, che si fa sempre più largo e profondo. Nei guadi il livello dell'acqua non raggiunge mai la pancia dei cavalli, ma un paio di volte arriva alle staffe. Ed è sempre cristallina; Fuzzy guarda con attenzione dove posare gli zoccoli e traversa senza problemi. Mi sa che hanno contribuito anche le piogge di ieri. E penso che dipende anche dal tempo il poter traversare un torrente e potere percorrere una strada anziché un'altra. Bè, anche dove abito io capita, giusto quando i fiumi tracimano o la neve è troppa, ma è cosa molto rara e non ci si pensa mai.
Ci sono anche tante cascate, oltre ai tanti torrenti sempre più ricchi di acqua e veloci che andiamo incontrando. L'acqua ci sbarra continuamente la strada, tronchi e rami ci ostacolano, bisogna infilarsi nel folto del bosco e dei cespugli, chinarsi e strusciare contro tronchi antichi per riuscire a passare e sbucare alla fine in un qualche prato o radura. È come se qualcosa non ci volessero lasciare passare, e dovessimo varcare infiniti portali e barriere per uscire da questa terra, attraverso un percorso tortuoso e difficile da trovare.
Magari lavoro troppo di fantasia, ma come si fa quando si sa di tornare ad una realtà di casino, traffico, catene e inquinamento totale come è il posto dove abito? Fa bene sapere che non è l'unica realtà, e che sul pianeta ci sono ancora posti sani. Ben più sacri e antichi di una cattedrale, dove si può ancora sentire il respiro di Gaia.
Dopo ore Greg interrompe il silenzio: "Questo era l'ultimo torrente da attraversare, non ce ne sono più" e riprende ad avanzare col suo passo tranquillo. Oltre gli ultimi alberi ci troviamo improvvisamente sul bordo di una strada asfaltata, deserta. E per la prima volta Fuzzy si arresta, rifiutandosi di proseguire. Dopo avere traversato senza problemi torrenti gelati e rombanti, foreste oscure, discese su ghiaioni, corso su sentierini quasi inesistenti sull'orlo di precipizi, scavalcato tronchi e buche e pozze di fango, per la prima volta rigido, con le orecchie diritte e lo sguardo fisso, mostra timore di qualcosa. Seguo il suo sguardo: un segnale stradale.
Percorriamo il sentiero sul bordo che costeggia la strada e il fiume, dove passa anche qualche camion di servizio della forestale, fino ad un largo piazzale dove ci aspettano gli altri. Gli animali sono già la strada alla solita corda presso un camion per il trasporto degli animali, e c'è pure un pulmino con un collega della Warner's che sta caricando i nostri bagagli. La nostra avventura finisce qui.
Ma non del tutto. Salutati e ringraziati i ragazzi e i cavalli, senza più sapere bene che giorno sia e dove siamo finiti, saliamo sul pulmino e partiamo. La strada è lunga, ci vorrà un paio di ore per ritornare a Banff, passando per Canmore dalla parte di Calgary. Chissà quanta strada abbiamo fatto in questi giorni, e dove. Chissà quanti giorni di cavallo ci volevano per andare da Bologna a Roma, con lo stesso cavallo? Racconta Giulio Cesare di essere andato, una volta, da Roma in Gallia in due giorni per prendere il comando dell'esercito che lo aspettava. Ma cambiando continuamente cavallo però. E chissà come stava la sua schiena?
Ci fermiamo a comperare qualcosa da mangiare in una stazione di servizio, ancora dentro la foresta. Fuori solo mezzi della forestale, dentro alcune persone in abito da lavoro, direi taglialegna, ma è difficile distinguerli dal barista. Sugli scaffali del mercatino sono esposti stivali, attrezzi impolverati, caschi da lavoro, guanti, e impermeabili. Sui muri mappe della zona. Le cose indispensabili in un posto come questo.
Il temporale ci ha finalmente raggiunti, e pure la grandine. Cindy e Ray viaggiano con noi, avranno due giorni liberi prima della prossima spedizione. E così fino a ottobre. Greg invece è rimasto solo con i cavalli; lo raggiungeranno con altri tre cavalli, gli ospiti sono cinque la prossima settimana.
Man mano che ci avviciniamo a Banff il traffico aumenta, e pure il caldo. Mi rendo conto che stiamo viaggiando seduti su un sedile imbottito e con un tetto sopra, cosa che non faccio da una settimana.
In città entriamo nel negozio dal retro; restituisco gli oggetti noleggiati, saluto tutti ed esco sulla strada principale con bagagli e valigie e mi incammino verso l'hotel. Noto che qualche passante mi osserva, e mi rendo conto all'improvviso di essere in mezzo alla folla dell'elegante passeggio pomeridiano di Banff, vestito ancora come nella foresta, col cappello dietro le spalle, impolverato e con camicia, wrangler sporchi e stivali peggio, abbronzato e con la barba da sistemare. I miei vestiti emanano anche un notevole odore equino. I passanti, invece, per lo più son qui a Banff proprio per sfoggiare la propria presenza sulla lussuosa Main Street, l'equivalente di viale Ceccarini o di Via del Corso. Quindi solo per un attimo mi sento fuori posto, poi penso che forse lo sono loro.
Mentre cammino in zona boutique, tra i folti gruppi di giapponesi, tedeschi e statunitensi, sento parlare alcuni italiani, i primi da quando sto qua; giro alla larga, ma tanto non mi riconoscono di sicuro così conciato.
Mi affretto verso l'hotel, a cambiarmi e lavarmi. E intanto penso che 'sto Canada è proprio bello; bisognerebbe vederne di più.
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UN PO' DI DATI
L'azienda che ha organizzato questo tipo di viaggio è la
Warner Guiding & Outfit
, Box 2280 Banff, AB T1L 1C1
Phone: 403-762-4551 Fax: 403-762-8130, Toll Free: 1-800-661-8352
E-mail: warner@horseback.com
Trovate il catalogo delle loro proposte, estive e invernali, in http://www.horseback.com/,. Ci sono pure spedizioni speciali naturalistiche, nel territorio dei lupi o in quello degli orsi, di costo molto conveniente. È possibile visitare a cavallo splendidi posti nel parco, ma meno lontani dei nostri, partendo quotidianamente da bungalow o da un campo fisso. Costi da 1194.00$c a 1356.00$c (840€-950€), veramente poco.E per ogni tipo di attività ci sono soluzioni da tre, quattro, cinque o sei giorni.
Il tipo di viaggio che ho scelto io è il più "avventuroso" e costoso: $1770.00 canadesi, pari a $1609.00 americani, ovvero 1,241 euro. Vanno aggiunti i costi del materiale a noleggio (sacco pelo, borse e indumenti vari), circa altri 100 $ canadesi, e la mancia per ciascuna delle guide, che per una settimana va dai 30 ai 100 dollari canadesi. (1$can = 0.7€).
Per l'albergo, o B&B o altro, a Banff si trova facilmente, ma costa parecchio perchè sta dentro il parco. Consiglio di cercare a Calgary o Canmore, più economici. Il taxi o il bus per Banff si trova sia all'aeroporto di Calgary, dove stanno gli uffici - ben segnalati -, che tramite l'albergo. Per entrare nel parco c'è un pedaggio di circa 40 dollari.
Per il materiale da portare, è tutto descritto nel loro sito.
La Warner's non è la sola azienda che offre questi viaggi, in Canada ce ne sono tante altre, vedi ad esempio:
http://www.canadawilderness.com/el_adventure_w_horse.htm
http://www.hiddentrails.com/usa/cd/index.htm
Inoltre ci sono ottimi ranch, in Canada, come negli Stati Uniti, ma costano meno, e non gli manca nulla, vista la forte tradizione western che sopravvive in Canada.
Se vi serve qualche informazione, sono a disposizione: draco9@tiscali.it
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi III parte
III PARTE
IL RESTO
Il programma dei giorni successivi non cambia molto. Il paesaggio è sempre splendido e ci si abitua anche troppo presto al silenzio e alla tranquillità del posto. Il sentiero, o quel che è, ci porta spesso attraverso boschi bruciati, i nuovi arbusti crescono in mezzo a una selva di enormi pali neri, e a volte invece candidi, alcuni rovesciati mostrano la rosa delle radici carbonizzate. Per la verità di sentieri possibili ce ne sono tanti, non ho idea di come Greg trovi la strada. Certo che senza di lui siamo persi di sicuro, e parecchio.
Alcuni boschi sono molto vecchi, gli alberi sono grossi e alti, sotto di loro è quasi buio, e le radici enormi coprono il terreno come una griglia. Che i nostri cavalli scavalcano tranquillamente, come fanno per i grandi tronchi caduti che ci troviamo spesso sui nostri sentieri. E non si spaventano mai, neppure quando sbucano dalle foglie i soliti scoiattoli o gli uccelli. Mi chiedo se non siano abituati anche agli orsi. Quando l'ultimo giorno alcune capre di montagna (grandi) entrano nel campo, loro non le guardano neppure.
Ogni giorno il menù è diverso, a volte sorprendente. Per esempio mercoledì sera Greg ci lancia alcuni barattoli di birra gelata. Deduco che alcune casse siano refrigerate, forse con ghiaccio secco. In effetti la carne e la verdura che viene cotta sulla griglia è sempre fresca. Questa è anche la prima volta che bevo qualcosa di alcolico in america, le altre volte no mi era mai capitato. In Arizona, perchè ero in una riserva Navajo, dove è vietato (si rifanno poi di notte) e in Colorado perchè nel ranch non sono previsti, forse leggi locali. Non che mi manchino, ma mi ha fatto piacere. L'ultima sera, steak e patate alla brace, e un paio di torte. Oltre al resto, e ci sono pure i famosi fagioli da bivacco.
Una sera Greg ha provato anche a cantare qualcosa di country canadese, ma ha lasciato perdere quando è risultato che noi europei non conoscevamo quelle canzoni, e lui era solo e senza chitarra. Così abbiamo fatto semplicemente delle chiacchiere. Un'altra volta ha organizzato una gara di lancio di ferri di cavallo nel prato, cosa che noi conoscevamo bene come le canzoni, ma ci siamo divertiti parecchio.
Per quanto mi riguarda ho cercato di esplorare a piedi il territorio attorno al campo, la sera. Immancabile la visita al torrente di turno, più o meno vicino al campo. La seconda sera incontro Ray che con l'asciugamano e in ciabatte va al fiume, mi dice, per fare il bagno. Be', allora se si può (e io che ne so?) ci vado anche io. Avevo qualche dubbio essendo in un ambiente ignoto e selvaggio; se capita qualcosa ci vuole davvero l'elicottero per avere soccorso - sempre che si riesca a comunicare. Per diversi mesi ho letto via internet i quotidiani locali, e le notizie di turisti infortunati o morti non sono rare. In genere, a parte qualche orso un po' nervoso, si tratta di cadute o di smarrimenti. Il torrente poi non è profondo, ma l'acqua è gelata e la corrente è forte. Insomma, mi spoglio e provo, visto il caldo che fa; il peggio è camminare sui sassi, fanno un male boia ai piedi. Per il freddo, basta buttarsi. Il problema è che quando mi tuffo e tento di nuotare un poco mi accorgo che la corrente sotto è ancora più forte che sopra, e mi trascina. Quindi mi afferro ai sassi e mi tengo vicino alla riva, e dopo un po' esco. Non male, comunque, si sta benissimo. Da allora tutte le sere cerco di fare un bagno, tanto qua i torrenti non mancano. Non con sapone e shampoo, quelli (ecologico) si usano nel catino al campo, e si butta poi l'acqua in una buca. Niente inquinamento qui.
Cammino spesso lungo il fiume, tra l'erba, o tra i tronchi. Mi siedo ad ascoltare il vento, e allora gli abitanti del bosco escono e si fanno vedere, soprattutto scoiattoli e uccelli.
LE CASCATE
Due giorni nello stesso campo. Per arrivare qui siamo entrati in una valle molto grande e verde. Ovunque ci sono grandi alberi da cui pendono vecchi licheni pallidi, e radure verdi piene di fiori, rami e ronchi bianchi e ossa. Notiamo tante corna di cervo, bianche, sparse nel paesaggio che sembra proprio quello delle favole, sempre più irreale, sempre più nel sogno. Anche qui passano i branchi di lupi.
Al mattino ci svegliamo più tardi, non c'è da smontare il campo. I ragazzi restano a lungo dentro i loro sacchi, e cerchiamo di non disturbarli. È una specie di giorno di riposo per loro.
Greg ci dice che la colazione sarà pronta più tardi, poi faremo un giretto qua intorno, c'è un bel posto che ci vuole mostrare. Nel frattempo potremmo fare una passeggiata, poco più avanti c'è anche una cascata. Parto assieme a Gunder, camminando lungo un sentierino che corre lungo la scarpata del fiume, verso un gruppo di rocce. Ci sono impronte di animali, vecchi e nuove, capre forse, anche di cavalli, e qualche altra che non capiamo. Oltre le rocce arriviamo alle cascate, il salto è di una trentina di metri attraverso una serie di vasche blu. In fondo una valle verde, con al centro, lontana, una costruzione in legno e una bandiera canadese che spicca rossa sullo sfondo degli abeti verdi. Sarà una postazione della forestale. Un bel posto dove stare.
Scendiamo con cautela fino alla prima vasca per fare qualche foto, poi torniamo, rintracciando a fatica il sentierino. Io mi perdo anche al mio paese, quindi il mio timore di perdermi qui è fondato.
Ho detto che sapevamo che c'erano parecchi orsi in zona. Un po' speravo di vederli, ma non è successo, ma loro invece penso proprio che ci abbiano visto. Qui, a cento metri dal campo, su un tratto di terreno privo di erba (sono gli animali misteriosi che vivono nelle tane enormi che vediamo ovunque che la scavano fuori e creano tanti mucchi di argilla) ci sono le impronte belle nitide di orso, più grandi della mia mano, con i solchi delle unghie profondi. Ma di orme ce sono tante, di ogni tipo, ovunque, spesso freschissime. Chi le lascia è qua attorno, nascosto tra gli alberi, e ci vede di sicuro.
Durante la colazione riferisco a Greg, ma lui chissà quante ne ha viste in tanti anni che gira in questi luoghi. Queste devono essere di Grizzly, vista la dimensione.
Ripartiamo per un giro un po' più comodo del solito. È il quinto giorno, Greg ci porta in alto, di nuovo le rocce e i sassi, fino ad una piccola valle di erba folta e muschio; al centro un laghetto blu di acqua limpida che riflette le nuvole e le cime innevate che circondano la valle. Nascosta tra gli alberi c'è una barca e alcuni strumenti, questo parco è molto studiato dalle università locali. Beviamo direttamente dal lago, assieme ai cavalli. Presso la riva ci sono le ossa e il cranio bianche di un cervo. Greg dice che si tratta di lupi, ce ne sono parecchi qua attorno d'inverno. Dopo il pranzo ci stendiamo sul muschio foltissimo ad ascoltare il vento. Questo posto è magico, il più bello tra quelli splendidi che ricordo. Anche gli animali sembrano appartenergli; bevono a lungo sulla riva del laghetto, e brucano a lungo l'erba e il muschio folto, trascinandosi dietro le redini e la lead rope.
Lentamente il sole si oscura, il vento rinforza e porta l'eco di tuoni lontani. Il tempo cambia velocemente. Greg ci fa fretta per partire, non è il caso di farsi sorprendere qui da un temporale, dobbiamo anche scendere il ghiaione. Qualche goccia cade. Mi manca la cavalcata sotto l'acqua; siamo muniti di oilskin, l'impermeabile lungo da cowboy dei film, quindi non ci bagneremmo, però diventerebbe difficoltoso il percorso. Il temporale ci accompagna da lontano fino al campo e ci fa la cortesia di scatenarsi solo dopo cena, quando siamo già tutti sotto le tende. La mattina piove ancora ed è freddo, ma appena Cindy accende il fuoco smette e torna lentamente il sole e il caldo.
Mi sono anche fatto qualche giretto a notte fonda: il cielo stellato è fenomenale. Solo nel deserto algerino l'ho visto più limpido, e la via lattea così luminosa.
Dopo sei giorni di questa vita si comincia a ragionare in termini di ora di levata del sole e del suo tramonto, di orme in terra per capire chi o cosa si aggira tra le foglie, e di orizzonte per sapere dove si va. Greg raramente consulta la sua carta alla sera, ma solo per sapere quale sia la strada più adatta. Per il resto va a memoria, trova sentieri del tutto invisibili anche da vicino, non si perde mai. O non ce ne accorgiamo, chi lo sa. Dice che sono tanti anni che gira in questi boschi, ormai conosce il profilo delle cime dei torrenti, si orizzonta facilmente.
Anche Cindy fa questo lavoro da anni, meno di Greg, ma ha già condotto alcune spedizioni, come quelle nel territorio dei lupi. È un'altra bella avventura, col campo fisso e spedizioni giornaliere. Ma se si è abbastanza pazienti e fortunati, si possono incontrare i lupi. I lupi canadesi, quelli grossi e dal pelo folto, il famoso lupo grigio dei romanzi e delle favole. Grigi ma anche bianchi, neri, e di ogni colore intermedio. Può essere un'idea, una scusa per tornare in queste terre, in questo tempo di prima del tempo, dove la terra sembra ancora giovane e sana. Veramente ci sarebbe anche qualche spedizione per vedere gli orsi, più facili pare, ma non è il momento giusto, per qualche motivo ambientale, al momento ignoto, proprio quest'anno sono molto irrequieti, e un po' pericolosi.
Se l'orso è un animale mitico, e rappresenta la forza primordiale, il lupo ha una sua valenza mitica fortissima, soprattutto per noi europei, che gli orsi li abbiamo fatti fuori tutti da tanto tempo. Il lupo ci è più vicino, familiare (qualcuno è anche sopravissuto in Europa), nei nostri miti è la guida che porta nel mondo nascosto, l'inconscio, l'assoluta libertà al di sopra del bene e nel male.
>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi IV parte
IL RESTO
Il programma dei giorni successivi non cambia molto. Il paesaggio è sempre splendido e ci si abitua anche troppo presto al silenzio e alla tranquillità del posto. Il sentiero, o quel che è, ci porta spesso attraverso boschi bruciati, i nuovi arbusti crescono in mezzo a una selva di enormi pali neri, e a volte invece candidi, alcuni rovesciati mostrano la rosa delle radici carbonizzate. Per la verità di sentieri possibili ce ne sono tanti, non ho idea di come Greg trovi la strada. Certo che senza di lui siamo persi di sicuro, e parecchio.
Alcuni boschi sono molto vecchi, gli alberi sono grossi e alti, sotto di loro è quasi buio, e le radici enormi coprono il terreno come una griglia. Che i nostri cavalli scavalcano tranquillamente, come fanno per i grandi tronchi caduti che ci troviamo spesso sui nostri sentieri. E non si spaventano mai, neppure quando sbucano dalle foglie i soliti scoiattoli o gli uccelli. Mi chiedo se non siano abituati anche agli orsi. Quando l'ultimo giorno alcune capre di montagna (grandi) entrano nel campo, loro non le guardano neppure.
Ogni giorno il menù è diverso, a volte sorprendente. Per esempio mercoledì sera Greg ci lancia alcuni barattoli di birra gelata. Deduco che alcune casse siano refrigerate, forse con ghiaccio secco. In effetti la carne e la verdura che viene cotta sulla griglia è sempre fresca. Questa è anche la prima volta che bevo qualcosa di alcolico in america, le altre volte no mi era mai capitato. In Arizona, perchè ero in una riserva Navajo, dove è vietato (si rifanno poi di notte) e in Colorado perchè nel ranch non sono previsti, forse leggi locali. Non che mi manchino, ma mi ha fatto piacere. L'ultima sera, steak e patate alla brace, e un paio di torte. Oltre al resto, e ci sono pure i famosi fagioli da bivacco.
Una sera Greg ha provato anche a cantare qualcosa di country canadese, ma ha lasciato perdere quando è risultato che noi europei non conoscevamo quelle canzoni, e lui era solo e senza chitarra. Così abbiamo fatto semplicemente delle chiacchiere. Un'altra volta ha organizzato una gara di lancio di ferri di cavallo nel prato, cosa che noi conoscevamo bene come le canzoni, ma ci siamo divertiti parecchio.
Per quanto mi riguarda ho cercato di esplorare a piedi il territorio attorno al campo, la sera. Immancabile la visita al torrente di turno, più o meno vicino al campo. La seconda sera incontro Ray che con l'asciugamano e in ciabatte va al fiume, mi dice, per fare il bagno. Be', allora se si può (e io che ne so?) ci vado anche io. Avevo qualche dubbio essendo in un ambiente ignoto e selvaggio; se capita qualcosa ci vuole davvero l'elicottero per avere soccorso - sempre che si riesca a comunicare. Per diversi mesi ho letto via internet i quotidiani locali, e le notizie di turisti infortunati o morti non sono rare. In genere, a parte qualche orso un po' nervoso, si tratta di cadute o di smarrimenti. Il torrente poi non è profondo, ma l'acqua è gelata e la corrente è forte. Insomma, mi spoglio e provo, visto il caldo che fa; il peggio è camminare sui sassi, fanno un male boia ai piedi. Per il freddo, basta buttarsi. Il problema è che quando mi tuffo e tento di nuotare un poco mi accorgo che la corrente sotto è ancora più forte che sopra, e mi trascina. Quindi mi afferro ai sassi e mi tengo vicino alla riva, e dopo un po' esco. Non male, comunque, si sta benissimo. Da allora tutte le sere cerco di fare un bagno, tanto qua i torrenti non mancano. Non con sapone e shampoo, quelli (ecologico) si usano nel catino al campo, e si butta poi l'acqua in una buca. Niente inquinamento qui.
Cammino spesso lungo il fiume, tra l'erba, o tra i tronchi. Mi siedo ad ascoltare il vento, e allora gli abitanti del bosco escono e si fanno vedere, soprattutto scoiattoli e uccelli.
LE CASCATE
Due giorni nello stesso campo. Per arrivare qui siamo entrati in una valle molto grande e verde. Ovunque ci sono grandi alberi da cui pendono vecchi licheni pallidi, e radure verdi piene di fiori, rami e ronchi bianchi e ossa. Notiamo tante corna di cervo, bianche, sparse nel paesaggio che sembra proprio quello delle favole, sempre più irreale, sempre più nel sogno. Anche qui passano i branchi di lupi.
Al mattino ci svegliamo più tardi, non c'è da smontare il campo. I ragazzi restano a lungo dentro i loro sacchi, e cerchiamo di non disturbarli. È una specie di giorno di riposo per loro.
Greg ci dice che la colazione sarà pronta più tardi, poi faremo un giretto qua intorno, c'è un bel posto che ci vuole mostrare. Nel frattempo potremmo fare una passeggiata, poco più avanti c'è anche una cascata. Parto assieme a Gunder, camminando lungo un sentierino che corre lungo la scarpata del fiume, verso un gruppo di rocce. Ci sono impronte di animali, vecchi e nuove, capre forse, anche di cavalli, e qualche altra che non capiamo. Oltre le rocce arriviamo alle cascate, il salto è di una trentina di metri attraverso una serie di vasche blu. In fondo una valle verde, con al centro, lontana, una costruzione in legno e una bandiera canadese che spicca rossa sullo sfondo degli abeti verdi. Sarà una postazione della forestale. Un bel posto dove stare.
Scendiamo con cautela fino alla prima vasca per fare qualche foto, poi torniamo, rintracciando a fatica il sentierino. Io mi perdo anche al mio paese, quindi il mio timore di perdermi qui è fondato.
Ho detto che sapevamo che c'erano parecchi orsi in zona. Un po' speravo di vederli, ma non è successo, ma loro invece penso proprio che ci abbiano visto. Qui, a cento metri dal campo, su un tratto di terreno privo di erba (sono gli animali misteriosi che vivono nelle tane enormi che vediamo ovunque che la scavano fuori e creano tanti mucchi di argilla) ci sono le impronte belle nitide di orso, più grandi della mia mano, con i solchi delle unghie profondi. Ma di orme ce sono tante, di ogni tipo, ovunque, spesso freschissime. Chi le lascia è qua attorno, nascosto tra gli alberi, e ci vede di sicuro.
Durante la colazione riferisco a Greg, ma lui chissà quante ne ha viste in tanti anni che gira in questi luoghi. Queste devono essere di Grizzly, vista la dimensione.
Ripartiamo per un giro un po' più comodo del solito. È il quinto giorno, Greg ci porta in alto, di nuovo le rocce e i sassi, fino ad una piccola valle di erba folta e muschio; al centro un laghetto blu di acqua limpida che riflette le nuvole e le cime innevate che circondano la valle. Nascosta tra gli alberi c'è una barca e alcuni strumenti, questo parco è molto studiato dalle università locali. Beviamo direttamente dal lago, assieme ai cavalli. Presso la riva ci sono le ossa e il cranio bianche di un cervo. Greg dice che si tratta di lupi, ce ne sono parecchi qua attorno d'inverno. Dopo il pranzo ci stendiamo sul muschio foltissimo ad ascoltare il vento. Questo posto è magico, il più bello tra quelli splendidi che ricordo. Anche gli animali sembrano appartenergli; bevono a lungo sulla riva del laghetto, e brucano a lungo l'erba e il muschio folto, trascinandosi dietro le redini e la lead rope.
Lentamente il sole si oscura, il vento rinforza e porta l'eco di tuoni lontani. Il tempo cambia velocemente. Greg ci fa fretta per partire, non è il caso di farsi sorprendere qui da un temporale, dobbiamo anche scendere il ghiaione. Qualche goccia cade. Mi manca la cavalcata sotto l'acqua; siamo muniti di oilskin, l'impermeabile lungo da cowboy dei film, quindi non ci bagneremmo, però diventerebbe difficoltoso il percorso. Il temporale ci accompagna da lontano fino al campo e ci fa la cortesia di scatenarsi solo dopo cena, quando siamo già tutti sotto le tende. La mattina piove ancora ed è freddo, ma appena Cindy accende il fuoco smette e torna lentamente il sole e il caldo.
Mi sono anche fatto qualche giretto a notte fonda: il cielo stellato è fenomenale. Solo nel deserto algerino l'ho visto più limpido, e la via lattea così luminosa.
Dopo sei giorni di questa vita si comincia a ragionare in termini di ora di levata del sole e del suo tramonto, di orme in terra per capire chi o cosa si aggira tra le foglie, e di orizzonte per sapere dove si va. Greg raramente consulta la sua carta alla sera, ma solo per sapere quale sia la strada più adatta. Per il resto va a memoria, trova sentieri del tutto invisibili anche da vicino, non si perde mai. O non ce ne accorgiamo, chi lo sa. Dice che sono tanti anni che gira in questi boschi, ormai conosce il profilo delle cime dei torrenti, si orizzonta facilmente.
Anche Cindy fa questo lavoro da anni, meno di Greg, ma ha già condotto alcune spedizioni, come quelle nel territorio dei lupi. È un'altra bella avventura, col campo fisso e spedizioni giornaliere. Ma se si è abbastanza pazienti e fortunati, si possono incontrare i lupi. I lupi canadesi, quelli grossi e dal pelo folto, il famoso lupo grigio dei romanzi e delle favole. Grigi ma anche bianchi, neri, e di ogni colore intermedio. Può essere un'idea, una scusa per tornare in queste terre, in questo tempo di prima del tempo, dove la terra sembra ancora giovane e sana. Veramente ci sarebbe anche qualche spedizione per vedere gli orsi, più facili pare, ma non è il momento giusto, per qualche motivo ambientale, al momento ignoto, proprio quest'anno sono molto irrequieti, e un po' pericolosi.
Se l'orso è un animale mitico, e rappresenta la forza primordiale, il lupo ha una sua valenza mitica fortissima, soprattutto per noi europei, che gli orsi li abbiamo fatti fuori tutti da tanto tempo. Il lupo ci è più vicino, familiare (qualcuno è anche sopravissuto in Europa), nei nostri miti è la guida che porta nel mondo nascosto, l'inconscio, l'assoluta libertà al di sopra del bene e nel male.
>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi IV parte
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi II parte
GLI ANIMALI
Gli animali. Sono affascinato, soprattutto dai muli. Adesso che hanno liberato la campana a tutti fanno un bel baccano, mi sa che di animali selvaggi ne vedremo pochi con tutto 'sto casino. E purtroppo siamo in una zona con nuvole di zanzare e tafani accaniti, sembra la Siberia, e loro si agitano continuamente per scacciarli, per questo hanno criniera e coda così lunghi. Poi andrà meglio, per fortuna, ma per adesso mi sono cosparso di repellente (era in lista, ma ho pure una pomata contro le punture).
Non avevo realizzato che per trasportare tutto il materiale occorressero tanti animali. E ci sono pure alcuni cavalli di scorta, giustamente se qualcuno ha problemi o si fa male, ci vuole il sostituto.
È così che facevano un tempo, quindi: lunghe file di animali, legati tra loro uno dietro l'altro, per trasportare ciascuno una parte di carico, su e giù per i passi e le vallate, per giorni e giorni. Con tutti i problemi che la cosa comporta. Questa era la quotidianità dell'umanità nel mondo, una caratteristica costante del paesaggio e della vita quotidiana, fino a un centinaio di anni fa. Si fa presto a dimenticare, con le nostre strade e le auto. E poi si chiedono ancora come mai tante antiche civiltà conoscevano la ruota ma non l'adoperavano. E dove, su e giù per le montagne? Costruire strade costa moltissimo, e poi non è solo problema di soldi.
Aiuto un mulo a scacciare una decina di tafani che lo tormentano, lui smette di agitarsi e lascia fare, paziente. Dalle ferite esce sangue. Così sono questi i famosi muli, grandi come cavalli, dalle lunghe orecchie, pazienti e fortissimi. Gli piace farsi accarezzare la fronte. Gli animali mitici dei nostri gloriosi alpini, così indecorosamente soppressi alcuni anni fa per ragioni economiche.
I cavalli non sono gli agili quarter horse del Colorado, questi sono più grandi e robusti, pur eleganti e bellissimi come sono tutti i cavalli. Dopo le salite non li ho mai sentiti ansimare. Mi spiegano che adesso stanno pascolando i tre cavalli guida, che verranno poi legati durante la notte quando verranno liberati gli altri. Alla mattina verranno tutti recuperati, anche grazie al suono delle campane. In pratica vivremo assieme per tutta la settimana, giorno e notte.
Passo spesso presso la corda dove sono legati (con corde molto lunghe) per guardarli. Alcuni, appena liberati dalla sella, si rotolano nella polvere con evidente soddisfazione, qui ci sono davvero molti insetti.
E non è necessario poi sapere tanto sui cavalli per questo viaggio, giusto un minimo. Qui non si può certo correre, il terreno non lo consente, di piano c'è solo il torrente, e non sempre neppure quello. Al massimo a volte per qualche decina di metri si fa un trotto leggero, per raggiungere gli altri se si resta indietro, ma niente di più. Non sono cavalli da corsa questi.
Ma è importante dargli una mano, per esempio, quando le salite o le discese sono molto ripide e, naturalmente, quando devono urinare, spostando il centro di gravità. Un'altra cosa da ricordare è di inchinarsi di lato, quando si incontrano rami bassi, per evitare zuccate quando lui scuote all'indietro la testa.
Anche qui ci hanno detto di non lasciarli mangiare mentre camminiamo. In effetti non ci provano spesso, e basta un tiretto alle redini quando ci provano per risolvere il problema. Quando ci fermiamo per una sosta, invece, li lasciamo fare, sciogliendo loro le redini e la lead rope a terra, che poi loro si trascinano dietro. Noto che quando le pestano, spostano i piedi per liberarle; non tutti lo capiscono. Ma non sono di cuoio, per cui non si rompono. Io invece ho imparato - non del tutto - a tenere i miei piedi lontani dai loro, dopo due o tre volte che sono stato pestato. Per fortuna il suolo è morbido, perchè un cavallo è davvero pesante, anche solo per meno di un quarto.
Mentre il sole comincia a sparire dietro le cime rocciose che circondano la valle, Cindy avverte che la cena è pronta; sulle casse sono poggiati piatti e posate, tutti in metallo, e ci serviamo. Ci sediamo attorno al focolare, Ray ha preparato dei tronchi a mò di sgabelli o panchine. Quattro chiacchiere, ma troppe cose nuove per me anche solo da guardare. È facile sentirsi a proprio agio con queste persone, semplici e dirette. Loro sono abituati.
Nei numerosi pentolini che ha preparato sul fuoco c'è parecchio cibo. Zuppa di verdure, stufato di carne, salse e verdure di contorno. Alla fine, da non so dove tira fuori anche due barattoli di gelato. Tentiamo di dare una mano per sgomberare, poi ci ritiriamo nelle nostre tende. Sono solo le 20.30 ma, chissà come, io non riesco a stare sveglio. E poi sta venendo freddo molto in fretta, assieme al buio.
Le tende sono da tre posti, anche troppo spaziose. Organizzo la mia roba, i vestiti dentro un sacco di plastica per tenerli asciutti, la lampada tascabile a portata di mano e mi infilo nel sacco a pelo, sistemato in modo da rendere minima la pendenza. E sperando di ricordarmi dove sono, per non cadere nel vicino torrente nel caso dovessi uscire, mi addormento. No, niente silenzio, ma fa lo stesso. A parte lo scroscio continuo del torrente, Greg ha liberato gli animali per farli mangiare durante la notte, ha sbloccato le campane che hanno al collo, quindi tutta notte si sente il loro scampanio, più o meno vicino. Spero solo che non inciampino sulla tenda. E in effetti durante la notte il terreno morbido di muschio e aghi di pino trasmette i tonfi di qualcuno che incespica qua e là. Anche perchè ai più vispi è stato applicato un aggeggio alle gambe anteriori che ne limita un po' i movimenti. Ma è un suono rassicurante, gli orsi dovrebbero stare alla larga, e si dorme tranquilli.
MATTINA
La mattina mi sveglio presto, fuori è silenzio. Greg ha già recuperato tutti gli animali, che adesso dormicchiano in fila sotto la corda. Gli altri due colleghi, vedo, stanno ancora dormendo sotto il tendone. È un freddo boia, il cielo è limpido e il sole non dovrebbe tardare, ma finchè non esce da dietro le cime delle montagne qua restiamo in ombra. Muovendomi silenzioso, prendo la pala e faccio un giretto veloce nel bosco. Esperienza nuova, per fortuna non ci sono insetti a quest'ora. Ci avevano detto che la colazione era alle 7.30 - 8.00, la partenza alle 9.0. Mi consulto con Gundel, reimpacchiamo velocemente la nostra roba nella borsa e smontiamo letto e tenda, facendone due involti, poi depositiamo tutto nel mucchio dei bagagli già pronti da caricare sui muli. Faccio un giretto attorno al campo, l'erba è alta e gli alberi aggrovigliati, ma arrivo al torrente. L'acqua è limpida e fredda, mi lavo velocemente, da bere è ottima. Non potrei mai fare cose del genere in Italia senza rischiare la salute. Qui è una cosa ovvia, invece. Hanno preparato acqua calda presso i catini. Li lascio a Gunder, preferisco il torrente, per me è questo è un privilegio. Punti di vista.
La colazione è pronta, Cindy ci chiede come vogliamo le uova e il resto. Un altro mare di roba da mangiare. Io mi butto sul caffè caldo. Mangiamo assieme come al solito, si parla poco ma si sta bene. Sorpresa, un piatto con frutta fresca tagliata: melone, fragole, ciliegie, mango, ananas. Come al solito quanto resta va bruciato completamente, la frutta rimasta viene data agli animali.
Occorre quasi un'ora per smontare tutto e caricare tutto.
La procedura è interessante: l'animale sta immobile, e gli viene messa mo' di sella un'armatura di legno. Su questa vanno incastrate le due casse, di peso uguale, e legate con nodi e avvolgimenti appositi, che Greg e Ray eseguono veloci. In cima vanno alcuni pacchi, la legna, e poi il telone che copre tutto, a sua volta legato in un modo particolare. Quindici animali, dieci carichi, tutti fatti con la massima attenzione, provati e verificati. Poi vengono legati in due file, e siamo pronti a partire. Prima partono Ray e Cindy con tutti i loro cavalli e muli al guinzaglio, tranquilli e docili, esperti. La scena della carovana che si inoltra nel bosco tra le luci dell'alba è qualcosa di epico, bisogna vederlo per capire. Poi montiamo in sella anche noi e partiamo dietro a Greg, seguito dal nostro mulo nero. Mai saputo il nome, brava bestia.
IL PASSO
Il sole è alto quando partiamo, si scalda in fretta e compaiono i primi insetti. Greg ci porta in alto, oltre gli alberi e la striscia di prato verde che orla le rocce. Quando un'ora dopo ci fermiamo, vediamo stendersi sotto di noi tutta la valle, col suo torrente che si perde lontano in fondo ai piedi delle montagne e gli alberi che riempiono ogni spazio. Un falco fischia in cielo. Per il resto è silenzio, ci siamo solo noi in questa valle. Bè, oltre a tutti i suoi animali. Proseguiamo, il terreno adesso si fa roccia e ghiaia, pochi cespugli e tanti fiori blu e rosa. La salita è ripida, sposto il peso in avanti per aiutare il cavallo, che comunque non rallenta e non ansima nemmeno. Ma Greg ci fa sostare spesso. Quando arriviamo al passo, è tutta ghiaia rossa e lastrine di scisto, e notiamo anche alcuni mucchi di neve. Attorno le cime sono alte nel cielo e soffia il vento. Noto un mucchio di pietre che qualcuno ha sistemato una sull'altra. Facciamo qualche foto, quattro chiacchiere. Da qualche parte sbucano all'improvviso gli altri, scambiando qualche scherzo, ci sorpassano e proseguono scomparendo dietro il crinale.
Poi superiamo anche noi il crinale e iniziamo a scendere il ghiaione che porta in basso, ripidissimo e molto sdrucciolevole, un dislivello di oltre un centinaio di metri. I cavalli non sono per nulla preoccupati; io sì, ma mi fido, sono loro gli esperti, percepiscono tante cose più di noi e hanno riflessi velocissimi. E poi hanno quattro gambe, se gliene scivola una, gliene restano sempre tre, no? La pendenza aumenta, così Greg imbocca un sentierino invisibile, largo meno di venti centimetri, che corre giù a zig zag giù e si perde là in fondo da qualche parte. Noi siamo a metà. Gli animali lo percorrono veloci, a tratti addirittura trottano, dobbiamo frenarli un poco. Fuzzy si distrae per acchiappare al volo qualche boccata di fiori rosa, pare che li gradisca molto, e ogni tanto inciampa. Mah, io avrei difficoltà a camminarci a piedi. E realizzo che prima di qua sono passati tutti gli altri animali, in fila e carichi. Chissà quante volte l'hanno già fatto.
Dopo dieci minuti, ma sembra un'eternità, arriviamo in fondo e troviamo il solito torrente. È già mezzogiorno, Greg fa apparire la solita griglia, in meno di un secondo ha già acceso un bel fuoco, e in dieci minuti è pronto il caffé, hot dog e un poco di pancetta. Oramai sappiamo come comportarci e ci godiamo il posto. Qua sì che c'è silenzio, si sente solo il vento frusciare sui sassi. E l'acqua che scorre, scendendo da questi banchi di neve, non c'è altro. Dice Greg che in Canada i ghiacciai non sono cambiati da quando li conosce, a differenza di quelli europei che stanno scomparendo. Io guardo questa estensione infinita di rocce e alberi, la valle che si stende sotto di noi, e che da qualunque parte ci sono altri valli, una dietro l'altra, fino dove? Ma quanto è grande questo posto? E non c'è nessuno, niente inquinamento, niente cartacce, niente sporco per chilometri e chilometri. E qua sopra, da qualche parte, c'è l'Alaska, che è ancora più selvaggia, aliena e deserta. Qualche parte del mondo si salva ancora dalla pestilenza della razza umana. Di che vivono gli abitanti non mi è chiaro, a Banff di certo di turismo, ma ci saranno anche aziende e industrie da qualche parte.
Ora di partire. Recuperiamo i cavalli, che stanno strappando l'erba da qualche parte, Greg carica il mulo e via, di nuovo.
>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi III parte
Gli animali. Sono affascinato, soprattutto dai muli. Adesso che hanno liberato la campana a tutti fanno un bel baccano, mi sa che di animali selvaggi ne vedremo pochi con tutto 'sto casino. E purtroppo siamo in una zona con nuvole di zanzare e tafani accaniti, sembra la Siberia, e loro si agitano continuamente per scacciarli, per questo hanno criniera e coda così lunghi. Poi andrà meglio, per fortuna, ma per adesso mi sono cosparso di repellente (era in lista, ma ho pure una pomata contro le punture).
Non avevo realizzato che per trasportare tutto il materiale occorressero tanti animali. E ci sono pure alcuni cavalli di scorta, giustamente se qualcuno ha problemi o si fa male, ci vuole il sostituto.
È così che facevano un tempo, quindi: lunghe file di animali, legati tra loro uno dietro l'altro, per trasportare ciascuno una parte di carico, su e giù per i passi e le vallate, per giorni e giorni. Con tutti i problemi che la cosa comporta. Questa era la quotidianità dell'umanità nel mondo, una caratteristica costante del paesaggio e della vita quotidiana, fino a un centinaio di anni fa. Si fa presto a dimenticare, con le nostre strade e le auto. E poi si chiedono ancora come mai tante antiche civiltà conoscevano la ruota ma non l'adoperavano. E dove, su e giù per le montagne? Costruire strade costa moltissimo, e poi non è solo problema di soldi.
Aiuto un mulo a scacciare una decina di tafani che lo tormentano, lui smette di agitarsi e lascia fare, paziente. Dalle ferite esce sangue. Così sono questi i famosi muli, grandi come cavalli, dalle lunghe orecchie, pazienti e fortissimi. Gli piace farsi accarezzare la fronte. Gli animali mitici dei nostri gloriosi alpini, così indecorosamente soppressi alcuni anni fa per ragioni economiche.
I cavalli non sono gli agili quarter horse del Colorado, questi sono più grandi e robusti, pur eleganti e bellissimi come sono tutti i cavalli. Dopo le salite non li ho mai sentiti ansimare. Mi spiegano che adesso stanno pascolando i tre cavalli guida, che verranno poi legati durante la notte quando verranno liberati gli altri. Alla mattina verranno tutti recuperati, anche grazie al suono delle campane. In pratica vivremo assieme per tutta la settimana, giorno e notte.
Passo spesso presso la corda dove sono legati (con corde molto lunghe) per guardarli. Alcuni, appena liberati dalla sella, si rotolano nella polvere con evidente soddisfazione, qui ci sono davvero molti insetti.
E non è necessario poi sapere tanto sui cavalli per questo viaggio, giusto un minimo. Qui non si può certo correre, il terreno non lo consente, di piano c'è solo il torrente, e non sempre neppure quello. Al massimo a volte per qualche decina di metri si fa un trotto leggero, per raggiungere gli altri se si resta indietro, ma niente di più. Non sono cavalli da corsa questi.
Ma è importante dargli una mano, per esempio, quando le salite o le discese sono molto ripide e, naturalmente, quando devono urinare, spostando il centro di gravità. Un'altra cosa da ricordare è di inchinarsi di lato, quando si incontrano rami bassi, per evitare zuccate quando lui scuote all'indietro la testa.
Anche qui ci hanno detto di non lasciarli mangiare mentre camminiamo. In effetti non ci provano spesso, e basta un tiretto alle redini quando ci provano per risolvere il problema. Quando ci fermiamo per una sosta, invece, li lasciamo fare, sciogliendo loro le redini e la lead rope a terra, che poi loro si trascinano dietro. Noto che quando le pestano, spostano i piedi per liberarle; non tutti lo capiscono. Ma non sono di cuoio, per cui non si rompono. Io invece ho imparato - non del tutto - a tenere i miei piedi lontani dai loro, dopo due o tre volte che sono stato pestato. Per fortuna il suolo è morbido, perchè un cavallo è davvero pesante, anche solo per meno di un quarto.
Mentre il sole comincia a sparire dietro le cime rocciose che circondano la valle, Cindy avverte che la cena è pronta; sulle casse sono poggiati piatti e posate, tutti in metallo, e ci serviamo. Ci sediamo attorno al focolare, Ray ha preparato dei tronchi a mò di sgabelli o panchine. Quattro chiacchiere, ma troppe cose nuove per me anche solo da guardare. È facile sentirsi a proprio agio con queste persone, semplici e dirette. Loro sono abituati.
Nei numerosi pentolini che ha preparato sul fuoco c'è parecchio cibo. Zuppa di verdure, stufato di carne, salse e verdure di contorno. Alla fine, da non so dove tira fuori anche due barattoli di gelato. Tentiamo di dare una mano per sgomberare, poi ci ritiriamo nelle nostre tende. Sono solo le 20.30 ma, chissà come, io non riesco a stare sveglio. E poi sta venendo freddo molto in fretta, assieme al buio.
Le tende sono da tre posti, anche troppo spaziose. Organizzo la mia roba, i vestiti dentro un sacco di plastica per tenerli asciutti, la lampada tascabile a portata di mano e mi infilo nel sacco a pelo, sistemato in modo da rendere minima la pendenza. E sperando di ricordarmi dove sono, per non cadere nel vicino torrente nel caso dovessi uscire, mi addormento. No, niente silenzio, ma fa lo stesso. A parte lo scroscio continuo del torrente, Greg ha liberato gli animali per farli mangiare durante la notte, ha sbloccato le campane che hanno al collo, quindi tutta notte si sente il loro scampanio, più o meno vicino. Spero solo che non inciampino sulla tenda. E in effetti durante la notte il terreno morbido di muschio e aghi di pino trasmette i tonfi di qualcuno che incespica qua e là. Anche perchè ai più vispi è stato applicato un aggeggio alle gambe anteriori che ne limita un po' i movimenti. Ma è un suono rassicurante, gli orsi dovrebbero stare alla larga, e si dorme tranquilli.
MATTINA
La mattina mi sveglio presto, fuori è silenzio. Greg ha già recuperato tutti gli animali, che adesso dormicchiano in fila sotto la corda. Gli altri due colleghi, vedo, stanno ancora dormendo sotto il tendone. È un freddo boia, il cielo è limpido e il sole non dovrebbe tardare, ma finchè non esce da dietro le cime delle montagne qua restiamo in ombra. Muovendomi silenzioso, prendo la pala e faccio un giretto veloce nel bosco. Esperienza nuova, per fortuna non ci sono insetti a quest'ora. Ci avevano detto che la colazione era alle 7.30 - 8.00, la partenza alle 9.0. Mi consulto con Gundel, reimpacchiamo velocemente la nostra roba nella borsa e smontiamo letto e tenda, facendone due involti, poi depositiamo tutto nel mucchio dei bagagli già pronti da caricare sui muli. Faccio un giretto attorno al campo, l'erba è alta e gli alberi aggrovigliati, ma arrivo al torrente. L'acqua è limpida e fredda, mi lavo velocemente, da bere è ottima. Non potrei mai fare cose del genere in Italia senza rischiare la salute. Qui è una cosa ovvia, invece. Hanno preparato acqua calda presso i catini. Li lascio a Gunder, preferisco il torrente, per me è questo è un privilegio. Punti di vista.
La colazione è pronta, Cindy ci chiede come vogliamo le uova e il resto. Un altro mare di roba da mangiare. Io mi butto sul caffè caldo. Mangiamo assieme come al solito, si parla poco ma si sta bene. Sorpresa, un piatto con frutta fresca tagliata: melone, fragole, ciliegie, mango, ananas. Come al solito quanto resta va bruciato completamente, la frutta rimasta viene data agli animali.
Occorre quasi un'ora per smontare tutto e caricare tutto.
La procedura è interessante: l'animale sta immobile, e gli viene messa mo' di sella un'armatura di legno. Su questa vanno incastrate le due casse, di peso uguale, e legate con nodi e avvolgimenti appositi, che Greg e Ray eseguono veloci. In cima vanno alcuni pacchi, la legna, e poi il telone che copre tutto, a sua volta legato in un modo particolare. Quindici animali, dieci carichi, tutti fatti con la massima attenzione, provati e verificati. Poi vengono legati in due file, e siamo pronti a partire. Prima partono Ray e Cindy con tutti i loro cavalli e muli al guinzaglio, tranquilli e docili, esperti. La scena della carovana che si inoltra nel bosco tra le luci dell'alba è qualcosa di epico, bisogna vederlo per capire. Poi montiamo in sella anche noi e partiamo dietro a Greg, seguito dal nostro mulo nero. Mai saputo il nome, brava bestia.
IL PASSO
Il sole è alto quando partiamo, si scalda in fretta e compaiono i primi insetti. Greg ci porta in alto, oltre gli alberi e la striscia di prato verde che orla le rocce. Quando un'ora dopo ci fermiamo, vediamo stendersi sotto di noi tutta la valle, col suo torrente che si perde lontano in fondo ai piedi delle montagne e gli alberi che riempiono ogni spazio. Un falco fischia in cielo. Per il resto è silenzio, ci siamo solo noi in questa valle. Bè, oltre a tutti i suoi animali. Proseguiamo, il terreno adesso si fa roccia e ghiaia, pochi cespugli e tanti fiori blu e rosa. La salita è ripida, sposto il peso in avanti per aiutare il cavallo, che comunque non rallenta e non ansima nemmeno. Ma Greg ci fa sostare spesso. Quando arriviamo al passo, è tutta ghiaia rossa e lastrine di scisto, e notiamo anche alcuni mucchi di neve. Attorno le cime sono alte nel cielo e soffia il vento. Noto un mucchio di pietre che qualcuno ha sistemato una sull'altra. Facciamo qualche foto, quattro chiacchiere. Da qualche parte sbucano all'improvviso gli altri, scambiando qualche scherzo, ci sorpassano e proseguono scomparendo dietro il crinale.
Poi superiamo anche noi il crinale e iniziamo a scendere il ghiaione che porta in basso, ripidissimo e molto sdrucciolevole, un dislivello di oltre un centinaio di metri. I cavalli non sono per nulla preoccupati; io sì, ma mi fido, sono loro gli esperti, percepiscono tante cose più di noi e hanno riflessi velocissimi. E poi hanno quattro gambe, se gliene scivola una, gliene restano sempre tre, no? La pendenza aumenta, così Greg imbocca un sentierino invisibile, largo meno di venti centimetri, che corre giù a zig zag giù e si perde là in fondo da qualche parte. Noi siamo a metà. Gli animali lo percorrono veloci, a tratti addirittura trottano, dobbiamo frenarli un poco. Fuzzy si distrae per acchiappare al volo qualche boccata di fiori rosa, pare che li gradisca molto, e ogni tanto inciampa. Mah, io avrei difficoltà a camminarci a piedi. E realizzo che prima di qua sono passati tutti gli altri animali, in fila e carichi. Chissà quante volte l'hanno già fatto.
Dopo dieci minuti, ma sembra un'eternità, arriviamo in fondo e troviamo il solito torrente. È già mezzogiorno, Greg fa apparire la solita griglia, in meno di un secondo ha già acceso un bel fuoco, e in dieci minuti è pronto il caffé, hot dog e un poco di pancetta. Oramai sappiamo come comportarci e ci godiamo il posto. Qua sì che c'è silenzio, si sente solo il vento frusciare sui sassi. E l'acqua che scorre, scendendo da questi banchi di neve, non c'è altro. Dice Greg che in Canada i ghiacciai non sono cambiati da quando li conosce, a differenza di quelli europei che stanno scomparendo. Io guardo questa estensione infinita di rocce e alberi, la valle che si stende sotto di noi, e che da qualunque parte ci sono altri valli, una dietro l'altra, fino dove? Ma quanto è grande questo posto? E non c'è nessuno, niente inquinamento, niente cartacce, niente sporco per chilometri e chilometri. E qua sopra, da qualche parte, c'è l'Alaska, che è ancora più selvaggia, aliena e deserta. Qualche parte del mondo si salva ancora dalla pestilenza della razza umana. Di che vivono gli abitanti non mi è chiaro, a Banff di certo di turismo, ma ci saranno anche aziende e industrie da qualche parte.
Ora di partire. Recuperiamo i cavalli, che stanno strappando l'erba da qualche parte, Greg carica il mulo e via, di nuovo.
>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi III parte
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi
I PARTE
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi
Expedition horsepack trips into Banff Park
20-25 luglio 2006
Cavalli, natura, avventura, non posti turistici, dove andare? Un collega mi propone una cosa un po' fuori dall'ordinario nel suo paese, il Canada. Una settimana in tenda e a cavallo, a zonzo nelle foreste selvagge. Interessante, proviamo. Con internet, e una buona agenzia, organizzo il tutto e attendo la data della partenza.
(Vedi: http://www.horseback.com)
20 luglio
BANFF, ALBERTA
"Benvenuti a Calgary, terra di cowboy e cowgirl". È il telegrafico messaggio del pilota all'atterraggio.
Ma il farwest non sta nel sud ovest degli states? Qui mi aspettavo orsi, foreste e giubbe rosse.
18 sera, sbarco dal volo Lufthansa, diretto da Francoforte, all'aeroporto della città di Calgary, nell'Alberta, sud ovest del Canada. Ordinato, efficiente e molto tranquillo; poca gente, massima cortesia, indicazioni chiarissime.
Devo aspettare la navetta per Banff, base della spedizione.
Giro un po' e vedo dai manifesti sulle pareti che in città è appena terminata la Stampede: "The Greatest Outdoor Show on Earth". Pare si tratti del più grande evento western americano, una spettacolare manifestazione, combinazione di rodeo, mostre agricole e commerciali, gare e musica, che attrae circa un milione di persone ogni anno, e col quale la popolazione dell'Alberta celebra orgogliosa la propria tradizione culturale di ranch e cowboy. "Da approfondire", mi segno nel diario.
A questo punto non mi meraviglia vedere, disposti un po' ovunque nell'aeroporto, grandi e pregevoli gruppi scultorei in bronzo che ritraggono cavalli in corsa, cowboy e anche pescatori con tanto di acqua corrente. È pure in corso una esposizione con scene di storia locale: pionieri, indiani, fattorie, ecc. Buon inizio.
La navetta mi porta, con altre quattro persone, a Banff. Paesaggio di praterie verdi su sfondo di boschi, poche case qua e là, qualche cavallo e alcune mucche. Montagne all'orizzonte, strade larghe in perfette condizioni e poco trafficate.
Il giorno successivo visito il paese e mi organizzo. Banff è un paesino di edifici caratteristici ben tenuti, al tre piani al massimo, strade ampie e notevole contorno di montagne e boschi. Ci scorre veloce un fiume di acque limpide e abbondanti. Molti turisti, molti negozi per turisti, prezzi altini, qualità anche buona. Bel tempo, cielo blu e aria asciutta e profumata di bosco. Ricorda un po' la Val d'Aosta. Salvo che il tema principale sono le culture western e indiana. L'albergo è uno dei tanti in centro, prezzo anche decente considerando la media del posto. Ma è un paese famoso, d'inverno è la capitale degli sport invernali, un po' come la nostra Cortina di un tempo, e fa fino venirci a passeggiare, anche per dire a casa di esserci stati. Curioso un po' nei negozi di abbigliamento e ricordini locali, parecchi gestiti da cinesi. E noto che parecchi cappelli e giacconi da cowboy, per non parlare dei ricordini indiani, sono di ottima qualità e prezzo, ma secondo l'etichetta sono fabbricati in Cina. Mi imbatto e visito il museo naturalistico locale (fuori le strade brulicano di turisti, dentro due visitatori in tutto), un gioiellino in legno dell'800, con vetrine antiche piene di animali impagliati e oggetti archeologici locali, una meraviglia.
E naturalmente trovo subito il locale distaccamento di vigili del fuoco, proprio al centro del paese. È sera e i colleghi sono al lavoro con su le divise annerite e bagnate, stanno sistemando i mezzi e asciugando delle manichette. Devono essere appena rientrati da qualche incendio, quindi non li disturbo. Mi limito ad ammirare i mezzi e la caserma nuova, un pezzo architettonicamente pregevole. Una targa in metallo riporta una foto del vecchio distaccamento e la sua storia.
Sono stanco per il viaggio e domani si comincia quindi, preferisco mangiare in camera, dopo aver comperato comperato qualcosa al fornitissimo centro commerciale, che trovo pieno zeppo di turisti. Deduco che i prezzi nei ristoranti non devono essere tanto bassi.
PREPARATIVI
Il giorno 20 passo dal negozio di articoli sportivi dove ritiro sacco a pelo e materassino, noleggiato via internet. Noto che è pieno di biciclette da montagna da affittare. Infatti fuori le strade brulicano di ciclisti. Buona idea, le strade sono ottime e senza traffico, e corrono tra boschi e panorami mica male. Poi torno in albergo, mi vesto da cowboy come da istruzioni e, trascinandomi dietro tutti i miei bagagli per le strade ancora deserte, mi presento all'appuntamento delle otto nel negozietto di mr. Warner, "The trail raider", sede della "Holiday on horseback".
Vendono anche abiti e altri oggetti western, roba buona, vedo; ovunque immagini, effigi e libri di cavalli. Compero un bel pile, un paio di jeans wrangler "pro rodeo", ottimi per cavalcare e introvabili in Italia e un cappello da cowboy, pieghevole per poterlo mettere in valigia. Prezzi buoni, e col valore dell'euro anche meglio (1 $can = 0.7 €).
Il resto l'ho portato da casa: stivali, fazzoletto, guanti ecc., come stava scritto nella lista dettagliata che l'azienda mi aveva fornito. E soprattutto una "borsa morbida", ne ho trovata una da ginnastica, senza bordi o parti rigide o punte o altro che possa dare fastidio alla schiena del cavallo che dovrà portarla. Dentro, il minimo indispensabile, come da istruzioni.
Una simpatica ragazza mi consegna il materiale rimanente: le borse da sella, un telone da mettere sotto la tenda e un impermeabile da cavallo - oilskin slicker -. Mi aiuta a confezionare anche il materiale da tenda. In mezzo al negozio, tra gli sguardi curiosi di qualche mattiniero cliente giapponese, stendiamo telone, materassino e sacco a pelo e ne facciamo un rotolo unico, facilmente caricabile su un animale. E gli altri ospiti? Di solito sono cinque o sei, ma questa settimana siamo solo due, c'è pure un simpatico ed energico signore tedesco in pensione di settant'anni. Messi al sicuro nei sotterranei i nostri bagagli, prendiamo solo la borsa col minimo indispensabile e mr. Warner in persona ci trasporta con un pulmino al punto di partenza di questa settimana. Un'ora di strada tra i boschi e montagne, con paesaggi da fiaba che sarebbero già sufficienti come vacanza. Ci inoltriamo in zone del parco nazionale proibite ai più, incontriamo ormai solo qualche automezzo della forestale. Gran parte dell'immenso parco è chiusa del tutto, e dove andremo noi è zona protetta, si entra solo con permessi a numero chiuso e a cavallo, su percorsi dichiarati e concordati. Per non disturbare il bosco e gli animali, soprattutto gli orsi, che quest'anno sono un po' nervosi. Warner racconta che lavora qui con i cavalli da quarant'anni, ha visto crescere Banff e il turismo. Adesso ne ha trecento, più una cinquantina di muli, e coi suoi sessanta dipendenti lavorano tutti tutto l'anno, offrendo attività turistiche e sportive di ogni tipo.
PARTENZA!
Ci lascia su un prato sul limite del bosco, dove ci aspetta un automezzo per il trasporto di animali e numerosi cavalli già sellati, molti caricati con casse. Tre ragazzi stanno finendo di caricare un mulo. Un vero mulo da montagna, non ne avevo mai visti dal vero. Mr. Warner ci lascia nelle mani di Greg, che sarà la nostra guida. Sembra uscito da un film di cowboy: serio, spettinato e impolverato, cappello e fazzoletto al collo sgualciti, camicia a quadri e wrangler sporchi, stivaletti strausati e con gli speroni! Stringe la mano con un cenno d'intesa, prende un cavallo e ci mostra come salire. Così si va avanti, così a destra e sinistra e così si ferma, ci dice, manovrando di redini il cavallo che obbedisce docilmente. Fine delle istruzioni. Il corso più veloce mai visto. Da questo capisco che questi canadesi qui sono di poche parole, e non badano alle apparenze. Ottimo inizio. Noto anche che sono tutti biondi con gli occhi azzurri, sembrano di origine nord-europea, forse svedesi.
Ci presenta i cavalli che ha scelto per noi, in base alle informazioni scritte nel questionario che avevamo compilato via internet. Il mio si chiama Fuzzy; è grande, muscoloso, scuro di colore, la criniera molto lunga; la coda arriva fino a terra e un lungo ciuffo di peli gli nasconde parzialmente gli occhi. Lo accarezzo la fronte e gli faccio sentire il mio odore, poi lego la giacca e le altre cose alla sella. Incontriamo Cindy e Ray, cowboy da film anche loro, che sono già pronti a partire, ciascuno con una fila di animali legati in fila. Saliamo e partiamo anche noi seguendo la guida e ci inoltriamo nel bosco, che diventa sempre più fitto. Per dove e come, chi lo sa? Greg non dice molto. Non che sia poi gran bisogno, adesso sono occupato a imparare a conoscere questo cavallo, e a guardare il paesaggio.
Gli altri seguiranno un altro percorso per arrivare prima di noi al luogo dove monteranno il campo per la notte. In realtà dopo un po' li incrociamo, poi li perdiamo in fondo a un prato; li rivedremo solo a sera.
Oltre il prato ci infiliamo in un altro bosco, stavolta di conifere molto alte; è un bosco vecchio e fitto, che sale fino a metà della montagna. Il terreno è soffice, erba, muschio e aghi di pino lo rendono elastico e silenzioso. L'unico suono è quello di un torrente che scorre da qualche parte, qualche raro verso d'uccello.
Il bosco è intatto, non una cartaccia, un ramo o un fiore spezzato. Anche il sentiero che percorriamo si distingue appena, non ci passa nessuno qui. La strada asfaltata è ormai alle nostre spalle, lontana, non saprei neanche da che parte. Il cavallo cammina tranquillo, comodo. Provo qualche comando, bisogna far buona impressione subito all'animale, altrimenti prende lui il comando. Fuzzy sembra sorpreso, ma obbedisce, si ferma, riparte. Basta un tocco leggero, e non prova neppure a mangiucchiare mentre cammina. Ottimo animale. Ma noto che i comandi sono un po' diversi da quelli di casa. Anzitutto non è addestrato ai comandi vocali. Poi vedo che la nostra guida cavalca a gambe larghe e in avanti, non le stringe mai ai fianchi del suo cavallo, e solo occasionalmente li tocca per farlo partire. Le redini le tiene sì con una mano sola, ma molto in alto, e non sotto il pomo come sono abituato io. Provo anche io, ma vedo che il mio cavallo risponde ugualmente nei due modi, quindi le tengo basse. È chiaramente abituato a seguire il cavallo davanti, ma insistendo un poco riesco a farmi ascoltare e fare qualche manovra. Tutto ok, pare che al comando ci sia io. Ma so bene che è lui che conosce il territorio, quindi gli dò la massima fiducia, si vede da come si muove, sicuro e determinato, che conosce il suo lavoro.
Il mulo nero, carico di due casse rosse protette da un telone, ci accompagna camminando agile e leggero, dietro la guida. Usciamo allo scoperto dopo non so quanto tempo, presso il torrente che attraversa la valle. Alcuni cartelli segnaletici del parco mostrano una mappa della zona e le regole per i turisti. Ma non c'è nessuno. La guida ci indica alcuni laghetti azzurri, sono sorgenti termali fredde che colorano l'acqua. Ci fermiamo alcuni minuti per far riposare gli animali e sgranchirci le gambe. I prati sono pieni di fiori mai visti. Ripartiamo e dopo un paio di ore di bosco arriviamo in un'altra valle, e ci fermiamo per il pranzo in una radura. C'è una casetta in legno, molto ben tenuta, con un paio di corna di cervo sulla porta; è una postazione della forestale per i lavori di manutenzione. Greg scarica dal mulo vicino a un cerchio di pietre annerite nel prato. I cavalli li lasciamo liberi, noto che il mulo ha una campana al collo che adesso Greg sblocca, e iniziano subito a mangiare l'erba folta che qui cresce ovunque. Lui tira fuori una griglia di ferro e la legna secca per accendere il fuoco, più una serie sorprendente di sacchetti di cibo, pane, guanti isolanti, attrezzatura da cucina, ecc. La cuccuma per il caffé la riempie al torrente lì vicino. Noi guardiamo, chi ha mai visto niente di simile? A parte i documentari in tv, ovvio. In pochi minuti gli hamburger sono pronti, il caffé pure. Noi ci guardiamo e poi ci serviamo, nei sacchetti c'è tutto quel che serve, frutta secca compresa e un sacco di salsine. Ci indica un paio di tazze e un pennarello per segnarci su i nostri nomi, saranno nostre per una settimana. Posate non servono, l'acqua è nel torrente, qui è già pulita. Al momento avrà pronunciato una quarantina di parole, ma sufficienti. E poi così non sappiamo mai cosa ci aspetta, e tutto è una sorpresa. Approfitto per riempire la mia bottiglia, che tengo nella borsa. L'acqua è dolce, leggera, priva di sali. Non è da molto che era neve.
Dopo un'oretta ricarica tutto sul mulo e ripartiamo. D'ora in poi non vedremo più traccia di presenza umana per diversi giorni.
IL CAMPO
Continuiamo ad avanzare per altre quattro ore, quasi sempre in silenzio. Gli animali si arrampicano senza esitazioni su e giù per sentieri per nulla facili, rocce e massi, tronchi caduti, grosse radici, buche e ghiaioni, anche in forte pendenza, per passare da una valle all'altra. Non hanno nemmeno il fiatone, si vede che sono allenati. Traversiamo anche il torrente un paio di volte. È largo una decina di metri, l'acqua non è profonda, trenta centimetri al massimo, ma molto fredda e scorre veloce. Il fondo è costituito da rocce e sassi, ma i cavalli l'attraversano senza alcun problema. Si limitano ad abbassare il muso per vedere bene dove mettere i piedi. Non hanno proprio paura di nulla, e non si sorprendono, nemmeno per gli uccelli o gli scoiattoli che ogni tanto sbucano all'improvviso dai rami. Piuttosto dobbiamo stare attenti noi, i boschi sono fitti e bisogna evitare i rami e i tronchi che continuamente si presentano davanti agli occhi. Il cappello è molto utile, e il fazzoletto al collo e le maniche lunghe della camicia pure. E c'è pure qualche zanzara e tafano.
Ma il panorama diventa, se possibile, sempre più bello. Le valli sono molto grandi, con grandi prati fioriti attorno ai torrenti, e infiniti boschi rigogliosi che si arrampicano sulle montagne fino ad una certa altezza, lasciando scoperte le cime rocciose. Lontano si intravedono tracce di neve. L'aria è asciutta e profumata, il sole scotta nel cielo limpido e blu scuro, ma quando passa una nuvola si sente che la temperatura scende in fretta. Stanotte mi sa che farà freddo. Continuiamo ad avanzare in questo strano paesaggio da cartolina, il tempo non ha più molta importanza.
All'improvviso in fondo alla valle, presso il torrente e sul limitare del bosco, scorgiamo una tenda e diversi cavalli legati ad una fune tesa fra due alberi. Le altre due guide stanno terminando di scaricare gli animali. Scendiamo e Greg ci mostra come legare con la lead rope il cavallo alla fune, assieme agli altri, e come togliere la sella e riporla nel mucchio con le altre. Noto che la mia è dotata di pettorale e sottocoda, devo trafficare un po' per toglierla. Mi spiega che poiché Fuzzy ha un girth (garrese) basso, ciò aiuta la sella a stare ferma. Per questo mi controllava spesso la cinghia che la stringe al corpo del cavallo.
Ci indica il mucchio dove stanno i nostri bagagli, i sacchetti con le tende e uno spiazzo di erba dove possiamo montarle. Sono tende a igloo, da tre posti ciascuna, come quella che possiedo; si montano in un attimo e sono molto comode. La tenda principale è molto grande, è costituita da un tetto di tela sostenuto da pali, trovati sul posto; sotto trova riparo tutto il materiale da cucina, viveri, selle, ecc. Loro ci dormono nei sacchi a pelo, sono abituati.
Su un tronco stanno due catini con sapone biodegradabile e uno specchio fissato ad un albero; al di sotto un sacchetto di plastica con un rotolo di carta igienica accanto ad un vanghetto. Il "bagno" è il bosco, da lasciare assolutamente intatto dopo l'uso. Quando il vanghetto manca, vuol dire che il bagno è "occupato".
Sotto la tenda stanno pure due secchi con acqua calda e fredda per lavarsi. Sulla griglia del focolare Cindy ha già sistemato un numero notevole di pentole, tegami e pentolini, neri di fuliggine, da cui escono ottimi odori e vapore. Lì accanto Ray sta spaccando la legna con un'ascia, non per bruciarla adesso, ma per asciugarla e trasportarla domani. Cindy ci mostra una quantità di snacks, dolci, biscotti, frutta secca, salse, barattoli e altro da mangiare, possiamo prendere quel che vogliamo, per il resto basta chiedere.
Francamente io mi trovo un po' a disagio, tre persone e quindici animali al nostro servizio, e che servizio. Troppo lusso, mi aspettavo una cosa più rustica, ma sono molto ammirato dalla professionalità che offrono agli ospiti. Cerco la mia tazza, mi verso un po' di caffé e mi siedo su un tronco accanto al fuoco, aspettando la cena. Non ho nulla da fare, tranne aggiornare il mio diario. E imparare a pulirmi le mani dopo aver toccato la caffettiera.
>>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi II parte
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi
Expedition horsepack trips into Banff Park
20-25 luglio 2006
Cavalli, natura, avventura, non posti turistici, dove andare? Un collega mi propone una cosa un po' fuori dall'ordinario nel suo paese, il Canada. Una settimana in tenda e a cavallo, a zonzo nelle foreste selvagge. Interessante, proviamo. Con internet, e una buona agenzia, organizzo il tutto e attendo la data della partenza.
(Vedi: http://www.horseback.com)
20 luglio
BANFF, ALBERTA
"Benvenuti a Calgary, terra di cowboy e cowgirl". È il telegrafico messaggio del pilota all'atterraggio.
Ma il farwest non sta nel sud ovest degli states? Qui mi aspettavo orsi, foreste e giubbe rosse.
18 sera, sbarco dal volo Lufthansa, diretto da Francoforte, all'aeroporto della città di Calgary, nell'Alberta, sud ovest del Canada. Ordinato, efficiente e molto tranquillo; poca gente, massima cortesia, indicazioni chiarissime.
Devo aspettare la navetta per Banff, base della spedizione.
Giro un po' e vedo dai manifesti sulle pareti che in città è appena terminata la Stampede: "The Greatest Outdoor Show on Earth". Pare si tratti del più grande evento western americano, una spettacolare manifestazione, combinazione di rodeo, mostre agricole e commerciali, gare e musica, che attrae circa un milione di persone ogni anno, e col quale la popolazione dell'Alberta celebra orgogliosa la propria tradizione culturale di ranch e cowboy. "Da approfondire", mi segno nel diario.
A questo punto non mi meraviglia vedere, disposti un po' ovunque nell'aeroporto, grandi e pregevoli gruppi scultorei in bronzo che ritraggono cavalli in corsa, cowboy e anche pescatori con tanto di acqua corrente. È pure in corso una esposizione con scene di storia locale: pionieri, indiani, fattorie, ecc. Buon inizio.
La navetta mi porta, con altre quattro persone, a Banff. Paesaggio di praterie verdi su sfondo di boschi, poche case qua e là, qualche cavallo e alcune mucche. Montagne all'orizzonte, strade larghe in perfette condizioni e poco trafficate.
Il giorno successivo visito il paese e mi organizzo. Banff è un paesino di edifici caratteristici ben tenuti, al tre piani al massimo, strade ampie e notevole contorno di montagne e boschi. Ci scorre veloce un fiume di acque limpide e abbondanti. Molti turisti, molti negozi per turisti, prezzi altini, qualità anche buona. Bel tempo, cielo blu e aria asciutta e profumata di bosco. Ricorda un po' la Val d'Aosta. Salvo che il tema principale sono le culture western e indiana. L'albergo è uno dei tanti in centro, prezzo anche decente considerando la media del posto. Ma è un paese famoso, d'inverno è la capitale degli sport invernali, un po' come la nostra Cortina di un tempo, e fa fino venirci a passeggiare, anche per dire a casa di esserci stati. Curioso un po' nei negozi di abbigliamento e ricordini locali, parecchi gestiti da cinesi. E noto che parecchi cappelli e giacconi da cowboy, per non parlare dei ricordini indiani, sono di ottima qualità e prezzo, ma secondo l'etichetta sono fabbricati in Cina. Mi imbatto e visito il museo naturalistico locale (fuori le strade brulicano di turisti, dentro due visitatori in tutto), un gioiellino in legno dell'800, con vetrine antiche piene di animali impagliati e oggetti archeologici locali, una meraviglia.
E naturalmente trovo subito il locale distaccamento di vigili del fuoco, proprio al centro del paese. È sera e i colleghi sono al lavoro con su le divise annerite e bagnate, stanno sistemando i mezzi e asciugando delle manichette. Devono essere appena rientrati da qualche incendio, quindi non li disturbo. Mi limito ad ammirare i mezzi e la caserma nuova, un pezzo architettonicamente pregevole. Una targa in metallo riporta una foto del vecchio distaccamento e la sua storia.
Sono stanco per il viaggio e domani si comincia quindi, preferisco mangiare in camera, dopo aver comperato comperato qualcosa al fornitissimo centro commerciale, che trovo pieno zeppo di turisti. Deduco che i prezzi nei ristoranti non devono essere tanto bassi.
PREPARATIVI
Il giorno 20 passo dal negozio di articoli sportivi dove ritiro sacco a pelo e materassino, noleggiato via internet. Noto che è pieno di biciclette da montagna da affittare. Infatti fuori le strade brulicano di ciclisti. Buona idea, le strade sono ottime e senza traffico, e corrono tra boschi e panorami mica male. Poi torno in albergo, mi vesto da cowboy come da istruzioni e, trascinandomi dietro tutti i miei bagagli per le strade ancora deserte, mi presento all'appuntamento delle otto nel negozietto di mr. Warner, "The trail raider", sede della "Holiday on horseback".
Vendono anche abiti e altri oggetti western, roba buona, vedo; ovunque immagini, effigi e libri di cavalli. Compero un bel pile, un paio di jeans wrangler "pro rodeo", ottimi per cavalcare e introvabili in Italia e un cappello da cowboy, pieghevole per poterlo mettere in valigia. Prezzi buoni, e col valore dell'euro anche meglio (1 $can = 0.7 €).
Il resto l'ho portato da casa: stivali, fazzoletto, guanti ecc., come stava scritto nella lista dettagliata che l'azienda mi aveva fornito. E soprattutto una "borsa morbida", ne ho trovata una da ginnastica, senza bordi o parti rigide o punte o altro che possa dare fastidio alla schiena del cavallo che dovrà portarla. Dentro, il minimo indispensabile, come da istruzioni.
Una simpatica ragazza mi consegna il materiale rimanente: le borse da sella, un telone da mettere sotto la tenda e un impermeabile da cavallo - oilskin slicker -. Mi aiuta a confezionare anche il materiale da tenda. In mezzo al negozio, tra gli sguardi curiosi di qualche mattiniero cliente giapponese, stendiamo telone, materassino e sacco a pelo e ne facciamo un rotolo unico, facilmente caricabile su un animale. E gli altri ospiti? Di solito sono cinque o sei, ma questa settimana siamo solo due, c'è pure un simpatico ed energico signore tedesco in pensione di settant'anni. Messi al sicuro nei sotterranei i nostri bagagli, prendiamo solo la borsa col minimo indispensabile e mr. Warner in persona ci trasporta con un pulmino al punto di partenza di questa settimana. Un'ora di strada tra i boschi e montagne, con paesaggi da fiaba che sarebbero già sufficienti come vacanza. Ci inoltriamo in zone del parco nazionale proibite ai più, incontriamo ormai solo qualche automezzo della forestale. Gran parte dell'immenso parco è chiusa del tutto, e dove andremo noi è zona protetta, si entra solo con permessi a numero chiuso e a cavallo, su percorsi dichiarati e concordati. Per non disturbare il bosco e gli animali, soprattutto gli orsi, che quest'anno sono un po' nervosi. Warner racconta che lavora qui con i cavalli da quarant'anni, ha visto crescere Banff e il turismo. Adesso ne ha trecento, più una cinquantina di muli, e coi suoi sessanta dipendenti lavorano tutti tutto l'anno, offrendo attività turistiche e sportive di ogni tipo.
PARTENZA!
Ci lascia su un prato sul limite del bosco, dove ci aspetta un automezzo per il trasporto di animali e numerosi cavalli già sellati, molti caricati con casse. Tre ragazzi stanno finendo di caricare un mulo. Un vero mulo da montagna, non ne avevo mai visti dal vero. Mr. Warner ci lascia nelle mani di Greg, che sarà la nostra guida. Sembra uscito da un film di cowboy: serio, spettinato e impolverato, cappello e fazzoletto al collo sgualciti, camicia a quadri e wrangler sporchi, stivaletti strausati e con gli speroni! Stringe la mano con un cenno d'intesa, prende un cavallo e ci mostra come salire. Così si va avanti, così a destra e sinistra e così si ferma, ci dice, manovrando di redini il cavallo che obbedisce docilmente. Fine delle istruzioni. Il corso più veloce mai visto. Da questo capisco che questi canadesi qui sono di poche parole, e non badano alle apparenze. Ottimo inizio. Noto anche che sono tutti biondi con gli occhi azzurri, sembrano di origine nord-europea, forse svedesi.
Ci presenta i cavalli che ha scelto per noi, in base alle informazioni scritte nel questionario che avevamo compilato via internet. Il mio si chiama Fuzzy; è grande, muscoloso, scuro di colore, la criniera molto lunga; la coda arriva fino a terra e un lungo ciuffo di peli gli nasconde parzialmente gli occhi. Lo accarezzo la fronte e gli faccio sentire il mio odore, poi lego la giacca e le altre cose alla sella. Incontriamo Cindy e Ray, cowboy da film anche loro, che sono già pronti a partire, ciascuno con una fila di animali legati in fila. Saliamo e partiamo anche noi seguendo la guida e ci inoltriamo nel bosco, che diventa sempre più fitto. Per dove e come, chi lo sa? Greg non dice molto. Non che sia poi gran bisogno, adesso sono occupato a imparare a conoscere questo cavallo, e a guardare il paesaggio.
Gli altri seguiranno un altro percorso per arrivare prima di noi al luogo dove monteranno il campo per la notte. In realtà dopo un po' li incrociamo, poi li perdiamo in fondo a un prato; li rivedremo solo a sera.
Oltre il prato ci infiliamo in un altro bosco, stavolta di conifere molto alte; è un bosco vecchio e fitto, che sale fino a metà della montagna. Il terreno è soffice, erba, muschio e aghi di pino lo rendono elastico e silenzioso. L'unico suono è quello di un torrente che scorre da qualche parte, qualche raro verso d'uccello.
Il bosco è intatto, non una cartaccia, un ramo o un fiore spezzato. Anche il sentiero che percorriamo si distingue appena, non ci passa nessuno qui. La strada asfaltata è ormai alle nostre spalle, lontana, non saprei neanche da che parte. Il cavallo cammina tranquillo, comodo. Provo qualche comando, bisogna far buona impressione subito all'animale, altrimenti prende lui il comando. Fuzzy sembra sorpreso, ma obbedisce, si ferma, riparte. Basta un tocco leggero, e non prova neppure a mangiucchiare mentre cammina. Ottimo animale. Ma noto che i comandi sono un po' diversi da quelli di casa. Anzitutto non è addestrato ai comandi vocali. Poi vedo che la nostra guida cavalca a gambe larghe e in avanti, non le stringe mai ai fianchi del suo cavallo, e solo occasionalmente li tocca per farlo partire. Le redini le tiene sì con una mano sola, ma molto in alto, e non sotto il pomo come sono abituato io. Provo anche io, ma vedo che il mio cavallo risponde ugualmente nei due modi, quindi le tengo basse. È chiaramente abituato a seguire il cavallo davanti, ma insistendo un poco riesco a farmi ascoltare e fare qualche manovra. Tutto ok, pare che al comando ci sia io. Ma so bene che è lui che conosce il territorio, quindi gli dò la massima fiducia, si vede da come si muove, sicuro e determinato, che conosce il suo lavoro.
Il mulo nero, carico di due casse rosse protette da un telone, ci accompagna camminando agile e leggero, dietro la guida. Usciamo allo scoperto dopo non so quanto tempo, presso il torrente che attraversa la valle. Alcuni cartelli segnaletici del parco mostrano una mappa della zona e le regole per i turisti. Ma non c'è nessuno. La guida ci indica alcuni laghetti azzurri, sono sorgenti termali fredde che colorano l'acqua. Ci fermiamo alcuni minuti per far riposare gli animali e sgranchirci le gambe. I prati sono pieni di fiori mai visti. Ripartiamo e dopo un paio di ore di bosco arriviamo in un'altra valle, e ci fermiamo per il pranzo in una radura. C'è una casetta in legno, molto ben tenuta, con un paio di corna di cervo sulla porta; è una postazione della forestale per i lavori di manutenzione. Greg scarica dal mulo vicino a un cerchio di pietre annerite nel prato. I cavalli li lasciamo liberi, noto che il mulo ha una campana al collo che adesso Greg sblocca, e iniziano subito a mangiare l'erba folta che qui cresce ovunque. Lui tira fuori una griglia di ferro e la legna secca per accendere il fuoco, più una serie sorprendente di sacchetti di cibo, pane, guanti isolanti, attrezzatura da cucina, ecc. La cuccuma per il caffé la riempie al torrente lì vicino. Noi guardiamo, chi ha mai visto niente di simile? A parte i documentari in tv, ovvio. In pochi minuti gli hamburger sono pronti, il caffé pure. Noi ci guardiamo e poi ci serviamo, nei sacchetti c'è tutto quel che serve, frutta secca compresa e un sacco di salsine. Ci indica un paio di tazze e un pennarello per segnarci su i nostri nomi, saranno nostre per una settimana. Posate non servono, l'acqua è nel torrente, qui è già pulita. Al momento avrà pronunciato una quarantina di parole, ma sufficienti. E poi così non sappiamo mai cosa ci aspetta, e tutto è una sorpresa. Approfitto per riempire la mia bottiglia, che tengo nella borsa. L'acqua è dolce, leggera, priva di sali. Non è da molto che era neve.
Dopo un'oretta ricarica tutto sul mulo e ripartiamo. D'ora in poi non vedremo più traccia di presenza umana per diversi giorni.
IL CAMPO
Continuiamo ad avanzare per altre quattro ore, quasi sempre in silenzio. Gli animali si arrampicano senza esitazioni su e giù per sentieri per nulla facili, rocce e massi, tronchi caduti, grosse radici, buche e ghiaioni, anche in forte pendenza, per passare da una valle all'altra. Non hanno nemmeno il fiatone, si vede che sono allenati. Traversiamo anche il torrente un paio di volte. È largo una decina di metri, l'acqua non è profonda, trenta centimetri al massimo, ma molto fredda e scorre veloce. Il fondo è costituito da rocce e sassi, ma i cavalli l'attraversano senza alcun problema. Si limitano ad abbassare il muso per vedere bene dove mettere i piedi. Non hanno proprio paura di nulla, e non si sorprendono, nemmeno per gli uccelli o gli scoiattoli che ogni tanto sbucano all'improvviso dai rami. Piuttosto dobbiamo stare attenti noi, i boschi sono fitti e bisogna evitare i rami e i tronchi che continuamente si presentano davanti agli occhi. Il cappello è molto utile, e il fazzoletto al collo e le maniche lunghe della camicia pure. E c'è pure qualche zanzara e tafano.
Ma il panorama diventa, se possibile, sempre più bello. Le valli sono molto grandi, con grandi prati fioriti attorno ai torrenti, e infiniti boschi rigogliosi che si arrampicano sulle montagne fino ad una certa altezza, lasciando scoperte le cime rocciose. Lontano si intravedono tracce di neve. L'aria è asciutta e profumata, il sole scotta nel cielo limpido e blu scuro, ma quando passa una nuvola si sente che la temperatura scende in fretta. Stanotte mi sa che farà freddo. Continuiamo ad avanzare in questo strano paesaggio da cartolina, il tempo non ha più molta importanza.
All'improvviso in fondo alla valle, presso il torrente e sul limitare del bosco, scorgiamo una tenda e diversi cavalli legati ad una fune tesa fra due alberi. Le altre due guide stanno terminando di scaricare gli animali. Scendiamo e Greg ci mostra come legare con la lead rope il cavallo alla fune, assieme agli altri, e come togliere la sella e riporla nel mucchio con le altre. Noto che la mia è dotata di pettorale e sottocoda, devo trafficare un po' per toglierla. Mi spiega che poiché Fuzzy ha un girth (garrese) basso, ciò aiuta la sella a stare ferma. Per questo mi controllava spesso la cinghia che la stringe al corpo del cavallo.
Ci indica il mucchio dove stanno i nostri bagagli, i sacchetti con le tende e uno spiazzo di erba dove possiamo montarle. Sono tende a igloo, da tre posti ciascuna, come quella che possiedo; si montano in un attimo e sono molto comode. La tenda principale è molto grande, è costituita da un tetto di tela sostenuto da pali, trovati sul posto; sotto trova riparo tutto il materiale da cucina, viveri, selle, ecc. Loro ci dormono nei sacchi a pelo, sono abituati.
Su un tronco stanno due catini con sapone biodegradabile e uno specchio fissato ad un albero; al di sotto un sacchetto di plastica con un rotolo di carta igienica accanto ad un vanghetto. Il "bagno" è il bosco, da lasciare assolutamente intatto dopo l'uso. Quando il vanghetto manca, vuol dire che il bagno è "occupato".
Sotto la tenda stanno pure due secchi con acqua calda e fredda per lavarsi. Sulla griglia del focolare Cindy ha già sistemato un numero notevole di pentole, tegami e pentolini, neri di fuliggine, da cui escono ottimi odori e vapore. Lì accanto Ray sta spaccando la legna con un'ascia, non per bruciarla adesso, ma per asciugarla e trasportarla domani. Cindy ci mostra una quantità di snacks, dolci, biscotti, frutta secca, salse, barattoli e altro da mangiare, possiamo prendere quel che vogliamo, per il resto basta chiedere.
Francamente io mi trovo un po' a disagio, tre persone e quindici animali al nostro servizio, e che servizio. Troppo lusso, mi aspettavo una cosa più rustica, ma sono molto ammirato dalla professionalità che offrono agli ospiti. Cerco la mia tazza, mi verso un po' di caffé e mi siedo su un tronco accanto al fuoco, aspettando la cena. Non ho nulla da fare, tranne aggiornare il mio diario. E imparare a pulirmi le mani dopo aver toccato la caffettiera.
>>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi II parte
Sunday, August 13, 2006
Sette giorni a cavallo
Settembre 2005
Volevo fare qualcosa di diverso nel poco tempo a disposizione, e da solo. Organizzato ma non troppo, niente turismo di massa, ma attivo, senza piscine, spacci o tv. Per caso trovo in un fumetto l'indicazione, cerco in internet, trovo, spulcio, seleziono e alla fine decido e parto. Risultato? Ottimo, superiore alle aspettative, una esperienza forte.
Io sono stato al Laramie River Dude Ranch, Colorado (www.lrranch.com), su un altipiano a 1600 metri di altezza lungo il corso del fiume Laramie, nel cuore del mitico far west. Allevano cavalli e da aprile a settembre ospitano gruppi di non oltre 25 persone; tengono molto all’atmosfera di famiglia e a coinvolgere gli ospiti.Tra le tante attività ho apprezzato l’equitazione e la compagnia, simpatica e ospitale. La cucina era tradizionale di altissimo livello, fantastica. La professionalità degli operatori molto alta. Prezzo? Circa 1200 euro tutto compreso. Più il viaggio, chiaro, altri 900 euro circa.
Laramie (WY)
Parto da Bologna, tappe a Monaco e Washington, atterro a Denver. Poi un piccolo bimotore con due file di posti che pare un autobus, due piloti professionalissimi, ci deposita (8 persone) alle dieci di notte di venerdì al piccolo ed efficientissimo aeroporto di Laramie. E siamo già nell’ambiente: niente traffico, tutto semplice, efficiente e spazioso, strade larghissime. Mentre cerco di telefonare a un taxi - ma ci saranno qui a quest’ora? , uno dei passeggeri si offre di darmi un passaggio col suo pick-up per i 10 km fino al motel . Il Motel 6, ottimo ed economico, ma senza navetta – prenotate per tempo, ma la cosa migliore sarebbe noleggiare un’auto a Denver.
Dal ranch verranno a prendermi alle 9 di domenica – nei ranch ci si sta o una settimana intera o mezza. Il sabato visito – a piedi – la città di Laramie. Bellissima, 25.000 abitanti più gli studenti, casette in legno graziose in periferia, in mattoni in centro. Bar, uno western sicuramente non finto, negozi di materiale western dove compero subito i jeans wrangler cowboy cut, consigliati dal ranch per montare a cavallo (ed è vero) e una camicia a maniche lunghe robusta. Sempre su loro consiglio mi ero portato da casa dei pantaloncini da ciclista, rivelatisi poi miracolosi. Prezzi la metà che da noi, cortesia inusitata e professionalità da noi ignota. Girando per la città – macchinoni grandi e pick-up – trovo poche persone, gentilissime e cordiali. Un sacco di librerie di qualità, anche di usato – ma ordinato e ben tenuto. Non sembrano ricchi, ma lavorano tutti e camminano senza fretta. Arrivo al campus dell’università dello Wyoming, che sta qui, un altro mondo. Tra alberi, prati verdi e scoiattoli sorgono grandi edifici in pietra arancione tutti in stile. Non una scritta o una cartaccia, entro e vado dove voglio, nessuno mi disturba. Arrivo al centro studentesco, gestito da studenti, sembra un immenso salotto, con bar, aree di studio aperte, uno spaccio favoloso e una libreria da sogno. Uso una delle tante postazioni internet gratuite per comunicare con casa.
Il ranch
Il giorno dopo arriva puntuale a prelevarmi un ragazzo, in abiti spolverati alla buona con un minivan, simpaticissimo, che in un‘ora mi porta al ranch lungo una strada non asfaltata ma in ottime condizioni. Il ranch confinante (3 km) a sud alleva vitelli, quello a nord (4 km) bufali. Il cielo è blu scuro, l’aria è asciutta e profumata, ovunque la prateria cespugliosa, lontano le cime di montagne coperte di neve e boschi, per la strada passa un pick-up in media ogni due ore. Parliamo di tante cose, mi aiuta a capire bene – non sono abituato all’inglese parlato. E’ l’addetto ai lavoretti di ogni tipo, manutenzione e trasporto letame; si è appena laureato e dal mese prossimo parte per Washington a fare da assistente ad un senatore.Arriviamo ad un gruppo di edifici in legno ben tenuti, con recinti.
Mi porta una delle valigie e mi guida in ufficio dove una ragazza, Becky, mi accoglie, mi porge una cartella con il programma e le proposte della settimana e l’elenco degli altri ospiti, poi mi mostra la mia camera con bagno (perfetti) nell’edificio principale e mi mostra il resto. Posso mangiare quel che voglio quando voglio e andare ovunque tranne, per favore, in cucina e nella stalla principale, devo solo ricordarmi di richiudere i recinti, altrimenti gli animali fanno dei danni. Biscotti favolosi di giornata, frutta e bevande (solo gli alcolici ve li dovete portare) li fanno loro e sono sempre disponibili. Mi indica dove è esposto il foglio delle attività da scegliere per il giorno dopo. Mi segno per il corso base, mai visto un cavallo io, ma proviamo, perché no? Mal che vada mi farò delle gran passeggiate a piedi, i boschi, le montagne rosse e il fiume stanno lì fuori.Il posto è stupendo, un edificio principale rinnovato da poco, in legno, con porticati esterni con sedie e tavoli, e dentro decorato con quadri e statue di cavalli. Ovunque scaffali con libri, romanzi, storia e foto del Colorado. Un grande camino nel soggiorno comune. La sala da pranzo ha quattro tavoloni e ampie vetrate sui pascoli e il fiume che scorre a venti metri.
Arrivano gli altri ospiti, tutti americani o inglesi, tutti affabili e cordiali, educatissimi, nessun rompicoglione o eisibizionista. Niente italiani, mai visti. Ottimo. Alle cinque, in uno dei capanni la padrona imposta le selle a chi intende cavalcare; chi vuole si sceglie gli stivali e il cappello (indispensabili). Alle 6 servono stuzzichini, e alle 7 la campana annuncia la cena, fantastica: piatto unico con tante pietanze (costolette al pomodoro, pannocchie bollite, verdure gratinate, pane appena fatto, eccetera), contorni, e un dolce favoloso. Tutti i giorni tre pasti sempre diversi. Dopo cena quattro chiacchiere, ma io vado a letto, il fuso va superato. Un silenzio incredibile, il paradiso. La luna e il cielo stellato, limpido.
I cavalli
La mattina alle sei sono già sveglio, a pochi metri dalla finestra della camera i cavalli pascolano e mi guardano curiosi, bellissimi col sole nascente che gli incornicia la criniera. Esco a fare una passeggiata lungo il fiume. Il cielo è blu, nel silenzio solo i rumori degli zoccoli e dei corvi, taccole e gazze che svolazzano dappertutto. Alle 8.30 sono a tavola con gli altri per la colazione all’americana, e alle 9 inizia l’orientamento per chi vuole cavalcare, presso il recinto. In 15 minuti il capo wrangler, Shawn, ci spiega l’essenziale del cavallo, il comportamento e i comandi da dare. Poi ci chiama uno per uno per l’immediata prova pratica da fare nel recinto. Mi tiene la briglia del cavallo che ha scelto per me (nel modulo di adesione c’era un questionario sulle mie misure ed esperienze relative). Salgo e in qualche modo andiamo a provare i comandi elementari: avanti, ferma, destra e sinistra. Soccia, ma funziona! L’animale – un bellissimo maschio grigio-rossiccio con una lunga criniera - è collaborativo e docile, mi sopporta con pazienza. Qualche consiglio e aggiustamento e poi partiamo subito per un giretto nei pascoli, camminando tutti in fila dietro al wrangler di turno, una ragazza. I gruppi sono volutamente piccoli, siamo in quattro. Stranamente va tutto bene, il cavallo sa già cosa deve fare, io sto seduto abbastanza comodo e piani piano mi rilasso e mi godo anche il paesaggio. Capisco che per non sentire i sobbalzi devo lasciar muovere il bacino in modo da compensare, e devo pure sincronizzarmi con i vari movimenti dell’animale, in salita, discesa e così via. Lui è anche sensibilissimo ad ogni minimo movimento delle redini, e mi sa che mi sta studiando. Interessante. Dopo un giretto tranquillo di un paio d’ore il wrangler ci riporta al recinto e ci fa scendere, uno alla volta, chiedendoci impressioni, sensazioni e problemi eventuali. Rientriamo a cambiarci scambiandoci le impressioni, pare che tutti gli altri abbiano già qualche esperienza, io sono proprio l’unico principiante. Cammino anche strano, per via degli stivaletti col tacco e delle gambe un po’ indolenzite, per non parlare di strane sensazioni alla schiena e al sedere.Al pomeriggio stessa cosa, e il giorno dopo andiamo a recuperare alcuni vitelli in uno dei pascoli per fare un gioco a squadre nel recinto! Il gioco consiste nel lavorare in squadra per separare dal gruppo tre vitelli e condurli in un altro recinto. Da dire è semplice, ma da fare proprio no. Come esercizio è ottimo per prendere confidenza col cavallo, i vitelli ci fanno dannare, ma alla fine ce la facciamo.
Poi ci insegnano il trotto, e cominciano i problemi, un male boia a schiena e culo. Fortuna che ho i pantaloncini da ciclista, imbottiti dove serve.Per farla breve, al terzo giorno galoppo già nella prateria, ho capito come muovermi per non sentire i colpi del movimento del cavallo, e pur con qualche livido, mal di schiena e indolenzimenti vari, mi accorgo che la cosa mi piace da matti, godo proprio, non me l’aspettavo. La potenza dell’animale è impressionante e si sente quando ti passa attraverso il corpo, per non parlare della sua felicità nel correre. Indescrivibile, adesso capisco molte cose.Devo dire che molti degli altri ospiti sono molto esperti, stanno nei corsi intermedio e avanzato, ma tanti la sera lamentano mille dolori; e parecchi vedo che hanno bisogno di un aiuto notevole per salire o scendere dal cavallo, con quelle panze che si ritrovano. Gli animali sono veramente belli, sono proprio quelli dei film di cowboy. Sono sensibilissimi, capiscono al volo e ti studiano, cercano anche di farti fare quello che pare a loro, per cui devi metterti d’accordo su chi comanda, senza esagerare. Mi meraviglia molto la pulizia e la tranquillità di questi animali, probabilmente dovuti al fatto che crescono quasi liberi in queste praterie sconfinate, e non al chiuso come da noi, dove finiscono per essere nervosi e non molto profumati.
La prateria
Cavalchiamo per luoghi davvero belli e selvaggi, la prateria ondulata profuma di erbe e cespugli aromatici, l’aria è asciutta e fresca, il sole picchia e il cappello serve. Traversiamo ruscelli di acque limpide, saliamo per colline e traversiamo boschi di pini e betulle bianche. Ovunque animali, conigli, gruppi di antilopi, daini, uccelli di ogni tipo, aquile e falchi. Mancano solo gli indiani. Bè, c’è giusto Clyde, il wrangler con la penna nel cappello, che ci racconta del bisnonno Cherokee, ma ormai…. I wrangler si alternano nel condurci in giro e darci consigli; sono tutti ragazzi e ragazze giovani e preparati, che fanno un lavoro estivo, ci raccontano della loro vita e ci chiedono della nostra, sempre cordiali e disponibili.
I giorni passano in modo meraviglioso tra giri e galoppate sempre diversi nelle praterie infinite attorno al ranch, ore passate in compagnia dei ragazzi, e dei due titolari, Bill e Krista che ogni tanto servono ai tavoli e mangiano sempre con noi, e degli altri ospiti sulle verande e dopocena a giocare o ascoltare musica o le conferenze con diapo del naturalista. Ho chiesto circa la cura dei cavalli, e una delle wrangler mi ha subito portato in una delle stalle e mi ha mostrato come si fa, facendomi provare a spazzolare uno dei cavalli. È una bellissima cavalla bianca, mi spiega che è anziana e ormai in pensione, quindi la curano con amore e le danno una dieta speciale per i pochi anni che le restano da vivere. Volendo è possibile sellarsi da solo il proprio animale, basta chiedere.
Attività western
Ogni giorno è un’avventura e cose nuove da scoprire. Anche i pescatori sono contenti, e così pure altri ospiti che preferiscono camminare o leggere un libro sulle sedie a dondolo, o andare in giro per foto. Ho già detto che non ci sono televisori, né radio né giornali?
Venerdì chi vuole può partecipare alla scorta di una mandria di 300 vitelli che un vicino deve trasferire ad un paese, si sta via tutto il giorno e bisogna controllare gli animali. Per me forse è ancora troppo presto, sarà per il prossimo anno.Di notte il silenzio è rotto solo dai cori dei coyote e dal richiamo di qualche alce solitario.
L’ultimo giorno è in programma un giro, sempre a cavallo, nel parco nazionale per tutto il giorno, con pranzo sul posto. La giornata è stupenda, le vedute da cartolina, rientriamo alle 7 stanchi ma felici. Ormai sono spariti anche i dolori. La sera luna piena, la passiamo fuori attorno al fuoco dove il naturalista ci racconta e interpreta – bene - storie di cowboy e di banditi locali. Ormai scherziamo tranquilli con tutti, ospiti e wranglers.
Abbiamo fatto anche molte altre attività, che per brevità ometto, e a diverse altre non ho avuto proprio il tempo di partecipare. Domenica saluto tutti con notevole tristezza, soprattutto il mio cavallo. Uno degli ospiti mi dà un passaggio fino a Denver, dove prenderò l’aereo per tornare a casa, e alla mia scrivania. Bei ricordi, stavolta, davvero.Il prossimo anno posso pensare sia di tornarci per godermi il livello avanzato, sia di partecipare ad uno dei giri da una settimana a cavallo e tenda nei grandi parchi canadesi per vedere i lupi o gli orsi (costo 800$, compresi guida e naturalista, gruppo di cinque al massimo), chissà? Se vi interessa ci sono pure le settimane al seguito delle grandi mandrie da trasferire da uno stato all’altro. Vedete voi, in Italia non si trovano di certo queste cose. E vi assicuro che quel bestiame non puzza per nulla, scoprite da voi perché.
I dude ranch
Sono aziende agricole che ospitano turisti, coinvolgendoli nelle proprie attività in diversa misura. Attenzione, non sono tutti uguali e non tutti seri, alcuni sono vere e proprie aziende turistiche, ovvero falsi ranch che ospitano fino a 300 persone. Alcuni allevano animali, altri organizzano solamente le attività, ma molto bene, altri sono solo alberghi o bed & breakfast di campagna o montagna, altri sono veri e propri villaggi turistici (da evitare).Come distinguerli? Informatevi, io ho selezionato il mio in base ai diari di viaggio trovati in rete, alla serietà del suo sito internet e delle risposte datemi dal titolare via mail, dal prezzo (medio), dal numero massimo di ospiti (25) e dalle attività proposte (poche, credibili e corrispondenti alle mie esigenze).
Importante l’assenza di banalità tipo piscina, negozi, aggeggi motorizzati, tv, aria condizionata, ecc. In america ne trovate quattro tipi: working ranch, guest ranch, dude ranch e resort ranch. I primi sono vere e proprie aziende operanti nel campo dell’agricoltura e allevamento, gli ultimi si limitano alla sola ospitalità di lusso. Le attività offerte sono in genere l’equitazione (a diverso livello), pesca alla mosca, passeggiate ed escursioni naturalistiche. E molto altro. Del mio ranch posso garantire.La maggior parte ospitano famiglie e bambini, con specifiche attività anche per loro. Molti cercano di ricreare il mito del vecchio west; se non esagerano la cosa è molto simpatica. Sarebbe anche molto bello partecipare alle fiere agricole locali, il west non è solo un mito qui, ma una cultura reale, e la gente è molto ospitale.
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