Sunday, August 20, 2006
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi
I PARTE
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi
Expedition horsepack trips into Banff Park
20-25 luglio 2006
Cavalli, natura, avventura, non posti turistici, dove andare? Un collega mi propone una cosa un po' fuori dall'ordinario nel suo paese, il Canada. Una settimana in tenda e a cavallo, a zonzo nelle foreste selvagge. Interessante, proviamo. Con internet, e una buona agenzia, organizzo il tutto e attendo la data della partenza.
(Vedi: http://www.horseback.com)
20 luglio
BANFF, ALBERTA
"Benvenuti a Calgary, terra di cowboy e cowgirl". È il telegrafico messaggio del pilota all'atterraggio.
Ma il farwest non sta nel sud ovest degli states? Qui mi aspettavo orsi, foreste e giubbe rosse.
18 sera, sbarco dal volo Lufthansa, diretto da Francoforte, all'aeroporto della città di Calgary, nell'Alberta, sud ovest del Canada. Ordinato, efficiente e molto tranquillo; poca gente, massima cortesia, indicazioni chiarissime.
Devo aspettare la navetta per Banff, base della spedizione.
Giro un po' e vedo dai manifesti sulle pareti che in città è appena terminata la Stampede: "The Greatest Outdoor Show on Earth". Pare si tratti del più grande evento western americano, una spettacolare manifestazione, combinazione di rodeo, mostre agricole e commerciali, gare e musica, che attrae circa un milione di persone ogni anno, e col quale la popolazione dell'Alberta celebra orgogliosa la propria tradizione culturale di ranch e cowboy. "Da approfondire", mi segno nel diario.
A questo punto non mi meraviglia vedere, disposti un po' ovunque nell'aeroporto, grandi e pregevoli gruppi scultorei in bronzo che ritraggono cavalli in corsa, cowboy e anche pescatori con tanto di acqua corrente. È pure in corso una esposizione con scene di storia locale: pionieri, indiani, fattorie, ecc. Buon inizio.
La navetta mi porta, con altre quattro persone, a Banff. Paesaggio di praterie verdi su sfondo di boschi, poche case qua e là, qualche cavallo e alcune mucche. Montagne all'orizzonte, strade larghe in perfette condizioni e poco trafficate.
Il giorno successivo visito il paese e mi organizzo. Banff è un paesino di edifici caratteristici ben tenuti, al tre piani al massimo, strade ampie e notevole contorno di montagne e boschi. Ci scorre veloce un fiume di acque limpide e abbondanti. Molti turisti, molti negozi per turisti, prezzi altini, qualità anche buona. Bel tempo, cielo blu e aria asciutta e profumata di bosco. Ricorda un po' la Val d'Aosta. Salvo che il tema principale sono le culture western e indiana. L'albergo è uno dei tanti in centro, prezzo anche decente considerando la media del posto. Ma è un paese famoso, d'inverno è la capitale degli sport invernali, un po' come la nostra Cortina di un tempo, e fa fino venirci a passeggiare, anche per dire a casa di esserci stati. Curioso un po' nei negozi di abbigliamento e ricordini locali, parecchi gestiti da cinesi. E noto che parecchi cappelli e giacconi da cowboy, per non parlare dei ricordini indiani, sono di ottima qualità e prezzo, ma secondo l'etichetta sono fabbricati in Cina. Mi imbatto e visito il museo naturalistico locale (fuori le strade brulicano di turisti, dentro due visitatori in tutto), un gioiellino in legno dell'800, con vetrine antiche piene di animali impagliati e oggetti archeologici locali, una meraviglia.
E naturalmente trovo subito il locale distaccamento di vigili del fuoco, proprio al centro del paese. È sera e i colleghi sono al lavoro con su le divise annerite e bagnate, stanno sistemando i mezzi e asciugando delle manichette. Devono essere appena rientrati da qualche incendio, quindi non li disturbo. Mi limito ad ammirare i mezzi e la caserma nuova, un pezzo architettonicamente pregevole. Una targa in metallo riporta una foto del vecchio distaccamento e la sua storia.
Sono stanco per il viaggio e domani si comincia quindi, preferisco mangiare in camera, dopo aver comperato comperato qualcosa al fornitissimo centro commerciale, che trovo pieno zeppo di turisti. Deduco che i prezzi nei ristoranti non devono essere tanto bassi.
PREPARATIVI
Il giorno 20 passo dal negozio di articoli sportivi dove ritiro sacco a pelo e materassino, noleggiato via internet. Noto che è pieno di biciclette da montagna da affittare. Infatti fuori le strade brulicano di ciclisti. Buona idea, le strade sono ottime e senza traffico, e corrono tra boschi e panorami mica male. Poi torno in albergo, mi vesto da cowboy come da istruzioni e, trascinandomi dietro tutti i miei bagagli per le strade ancora deserte, mi presento all'appuntamento delle otto nel negozietto di mr. Warner, "The trail raider", sede della "Holiday on horseback".
Vendono anche abiti e altri oggetti western, roba buona, vedo; ovunque immagini, effigi e libri di cavalli. Compero un bel pile, un paio di jeans wrangler "pro rodeo", ottimi per cavalcare e introvabili in Italia e un cappello da cowboy, pieghevole per poterlo mettere in valigia. Prezzi buoni, e col valore dell'euro anche meglio (1 $can = 0.7 €).
Il resto l'ho portato da casa: stivali, fazzoletto, guanti ecc., come stava scritto nella lista dettagliata che l'azienda mi aveva fornito. E soprattutto una "borsa morbida", ne ho trovata una da ginnastica, senza bordi o parti rigide o punte o altro che possa dare fastidio alla schiena del cavallo che dovrà portarla. Dentro, il minimo indispensabile, come da istruzioni.
Una simpatica ragazza mi consegna il materiale rimanente: le borse da sella, un telone da mettere sotto la tenda e un impermeabile da cavallo - oilskin slicker -. Mi aiuta a confezionare anche il materiale da tenda. In mezzo al negozio, tra gli sguardi curiosi di qualche mattiniero cliente giapponese, stendiamo telone, materassino e sacco a pelo e ne facciamo un rotolo unico, facilmente caricabile su un animale. E gli altri ospiti? Di solito sono cinque o sei, ma questa settimana siamo solo due, c'è pure un simpatico ed energico signore tedesco in pensione di settant'anni. Messi al sicuro nei sotterranei i nostri bagagli, prendiamo solo la borsa col minimo indispensabile e mr. Warner in persona ci trasporta con un pulmino al punto di partenza di questa settimana. Un'ora di strada tra i boschi e montagne, con paesaggi da fiaba che sarebbero già sufficienti come vacanza. Ci inoltriamo in zone del parco nazionale proibite ai più, incontriamo ormai solo qualche automezzo della forestale. Gran parte dell'immenso parco è chiusa del tutto, e dove andremo noi è zona protetta, si entra solo con permessi a numero chiuso e a cavallo, su percorsi dichiarati e concordati. Per non disturbare il bosco e gli animali, soprattutto gli orsi, che quest'anno sono un po' nervosi. Warner racconta che lavora qui con i cavalli da quarant'anni, ha visto crescere Banff e il turismo. Adesso ne ha trecento, più una cinquantina di muli, e coi suoi sessanta dipendenti lavorano tutti tutto l'anno, offrendo attività turistiche e sportive di ogni tipo.
PARTENZA!
Ci lascia su un prato sul limite del bosco, dove ci aspetta un automezzo per il trasporto di animali e numerosi cavalli già sellati, molti caricati con casse. Tre ragazzi stanno finendo di caricare un mulo. Un vero mulo da montagna, non ne avevo mai visti dal vero. Mr. Warner ci lascia nelle mani di Greg, che sarà la nostra guida. Sembra uscito da un film di cowboy: serio, spettinato e impolverato, cappello e fazzoletto al collo sgualciti, camicia a quadri e wrangler sporchi, stivaletti strausati e con gli speroni! Stringe la mano con un cenno d'intesa, prende un cavallo e ci mostra come salire. Così si va avanti, così a destra e sinistra e così si ferma, ci dice, manovrando di redini il cavallo che obbedisce docilmente. Fine delle istruzioni. Il corso più veloce mai visto. Da questo capisco che questi canadesi qui sono di poche parole, e non badano alle apparenze. Ottimo inizio. Noto anche che sono tutti biondi con gli occhi azzurri, sembrano di origine nord-europea, forse svedesi.
Ci presenta i cavalli che ha scelto per noi, in base alle informazioni scritte nel questionario che avevamo compilato via internet. Il mio si chiama Fuzzy; è grande, muscoloso, scuro di colore, la criniera molto lunga; la coda arriva fino a terra e un lungo ciuffo di peli gli nasconde parzialmente gli occhi. Lo accarezzo la fronte e gli faccio sentire il mio odore, poi lego la giacca e le altre cose alla sella. Incontriamo Cindy e Ray, cowboy da film anche loro, che sono già pronti a partire, ciascuno con una fila di animali legati in fila. Saliamo e partiamo anche noi seguendo la guida e ci inoltriamo nel bosco, che diventa sempre più fitto. Per dove e come, chi lo sa? Greg non dice molto. Non che sia poi gran bisogno, adesso sono occupato a imparare a conoscere questo cavallo, e a guardare il paesaggio.
Gli altri seguiranno un altro percorso per arrivare prima di noi al luogo dove monteranno il campo per la notte. In realtà dopo un po' li incrociamo, poi li perdiamo in fondo a un prato; li rivedremo solo a sera.
Oltre il prato ci infiliamo in un altro bosco, stavolta di conifere molto alte; è un bosco vecchio e fitto, che sale fino a metà della montagna. Il terreno è soffice, erba, muschio e aghi di pino lo rendono elastico e silenzioso. L'unico suono è quello di un torrente che scorre da qualche parte, qualche raro verso d'uccello.
Il bosco è intatto, non una cartaccia, un ramo o un fiore spezzato. Anche il sentiero che percorriamo si distingue appena, non ci passa nessuno qui. La strada asfaltata è ormai alle nostre spalle, lontana, non saprei neanche da che parte. Il cavallo cammina tranquillo, comodo. Provo qualche comando, bisogna far buona impressione subito all'animale, altrimenti prende lui il comando. Fuzzy sembra sorpreso, ma obbedisce, si ferma, riparte. Basta un tocco leggero, e non prova neppure a mangiucchiare mentre cammina. Ottimo animale. Ma noto che i comandi sono un po' diversi da quelli di casa. Anzitutto non è addestrato ai comandi vocali. Poi vedo che la nostra guida cavalca a gambe larghe e in avanti, non le stringe mai ai fianchi del suo cavallo, e solo occasionalmente li tocca per farlo partire. Le redini le tiene sì con una mano sola, ma molto in alto, e non sotto il pomo come sono abituato io. Provo anche io, ma vedo che il mio cavallo risponde ugualmente nei due modi, quindi le tengo basse. È chiaramente abituato a seguire il cavallo davanti, ma insistendo un poco riesco a farmi ascoltare e fare qualche manovra. Tutto ok, pare che al comando ci sia io. Ma so bene che è lui che conosce il territorio, quindi gli dò la massima fiducia, si vede da come si muove, sicuro e determinato, che conosce il suo lavoro.
Il mulo nero, carico di due casse rosse protette da un telone, ci accompagna camminando agile e leggero, dietro la guida. Usciamo allo scoperto dopo non so quanto tempo, presso il torrente che attraversa la valle. Alcuni cartelli segnaletici del parco mostrano una mappa della zona e le regole per i turisti. Ma non c'è nessuno. La guida ci indica alcuni laghetti azzurri, sono sorgenti termali fredde che colorano l'acqua. Ci fermiamo alcuni minuti per far riposare gli animali e sgranchirci le gambe. I prati sono pieni di fiori mai visti. Ripartiamo e dopo un paio di ore di bosco arriviamo in un'altra valle, e ci fermiamo per il pranzo in una radura. C'è una casetta in legno, molto ben tenuta, con un paio di corna di cervo sulla porta; è una postazione della forestale per i lavori di manutenzione. Greg scarica dal mulo vicino a un cerchio di pietre annerite nel prato. I cavalli li lasciamo liberi, noto che il mulo ha una campana al collo che adesso Greg sblocca, e iniziano subito a mangiare l'erba folta che qui cresce ovunque. Lui tira fuori una griglia di ferro e la legna secca per accendere il fuoco, più una serie sorprendente di sacchetti di cibo, pane, guanti isolanti, attrezzatura da cucina, ecc. La cuccuma per il caffé la riempie al torrente lì vicino. Noi guardiamo, chi ha mai visto niente di simile? A parte i documentari in tv, ovvio. In pochi minuti gli hamburger sono pronti, il caffé pure. Noi ci guardiamo e poi ci serviamo, nei sacchetti c'è tutto quel che serve, frutta secca compresa e un sacco di salsine. Ci indica un paio di tazze e un pennarello per segnarci su i nostri nomi, saranno nostre per una settimana. Posate non servono, l'acqua è nel torrente, qui è già pulita. Al momento avrà pronunciato una quarantina di parole, ma sufficienti. E poi così non sappiamo mai cosa ci aspetta, e tutto è una sorpresa. Approfitto per riempire la mia bottiglia, che tengo nella borsa. L'acqua è dolce, leggera, priva di sali. Non è da molto che era neve.
Dopo un'oretta ricarica tutto sul mulo e ripartiamo. D'ora in poi non vedremo più traccia di presenza umana per diversi giorni.
IL CAMPO
Continuiamo ad avanzare per altre quattro ore, quasi sempre in silenzio. Gli animali si arrampicano senza esitazioni su e giù per sentieri per nulla facili, rocce e massi, tronchi caduti, grosse radici, buche e ghiaioni, anche in forte pendenza, per passare da una valle all'altra. Non hanno nemmeno il fiatone, si vede che sono allenati. Traversiamo anche il torrente un paio di volte. È largo una decina di metri, l'acqua non è profonda, trenta centimetri al massimo, ma molto fredda e scorre veloce. Il fondo è costituito da rocce e sassi, ma i cavalli l'attraversano senza alcun problema. Si limitano ad abbassare il muso per vedere bene dove mettere i piedi. Non hanno proprio paura di nulla, e non si sorprendono, nemmeno per gli uccelli o gli scoiattoli che ogni tanto sbucano all'improvviso dai rami. Piuttosto dobbiamo stare attenti noi, i boschi sono fitti e bisogna evitare i rami e i tronchi che continuamente si presentano davanti agli occhi. Il cappello è molto utile, e il fazzoletto al collo e le maniche lunghe della camicia pure. E c'è pure qualche zanzara e tafano.
Ma il panorama diventa, se possibile, sempre più bello. Le valli sono molto grandi, con grandi prati fioriti attorno ai torrenti, e infiniti boschi rigogliosi che si arrampicano sulle montagne fino ad una certa altezza, lasciando scoperte le cime rocciose. Lontano si intravedono tracce di neve. L'aria è asciutta e profumata, il sole scotta nel cielo limpido e blu scuro, ma quando passa una nuvola si sente che la temperatura scende in fretta. Stanotte mi sa che farà freddo. Continuiamo ad avanzare in questo strano paesaggio da cartolina, il tempo non ha più molta importanza.
All'improvviso in fondo alla valle, presso il torrente e sul limitare del bosco, scorgiamo una tenda e diversi cavalli legati ad una fune tesa fra due alberi. Le altre due guide stanno terminando di scaricare gli animali. Scendiamo e Greg ci mostra come legare con la lead rope il cavallo alla fune, assieme agli altri, e come togliere la sella e riporla nel mucchio con le altre. Noto che la mia è dotata di pettorale e sottocoda, devo trafficare un po' per toglierla. Mi spiega che poiché Fuzzy ha un girth (garrese) basso, ciò aiuta la sella a stare ferma. Per questo mi controllava spesso la cinghia che la stringe al corpo del cavallo.
Ci indica il mucchio dove stanno i nostri bagagli, i sacchetti con le tende e uno spiazzo di erba dove possiamo montarle. Sono tende a igloo, da tre posti ciascuna, come quella che possiedo; si montano in un attimo e sono molto comode. La tenda principale è molto grande, è costituita da un tetto di tela sostenuto da pali, trovati sul posto; sotto trova riparo tutto il materiale da cucina, viveri, selle, ecc. Loro ci dormono nei sacchi a pelo, sono abituati.
Su un tronco stanno due catini con sapone biodegradabile e uno specchio fissato ad un albero; al di sotto un sacchetto di plastica con un rotolo di carta igienica accanto ad un vanghetto. Il "bagno" è il bosco, da lasciare assolutamente intatto dopo l'uso. Quando il vanghetto manca, vuol dire che il bagno è "occupato".
Sotto la tenda stanno pure due secchi con acqua calda e fredda per lavarsi. Sulla griglia del focolare Cindy ha già sistemato un numero notevole di pentole, tegami e pentolini, neri di fuliggine, da cui escono ottimi odori e vapore. Lì accanto Ray sta spaccando la legna con un'ascia, non per bruciarla adesso, ma per asciugarla e trasportarla domani. Cindy ci mostra una quantità di snacks, dolci, biscotti, frutta secca, salse, barattoli e altro da mangiare, possiamo prendere quel che vogliamo, per il resto basta chiedere.
Francamente io mi trovo un po' a disagio, tre persone e quindici animali al nostro servizio, e che servizio. Troppo lusso, mi aspettavo una cosa più rustica, ma sono molto ammirato dalla professionalità che offrono agli ospiti. Cerco la mia tazza, mi verso un po' di caffé e mi siedo su un tronco accanto al fuoco, aspettando la cena. Non ho nulla da fare, tranne aggiornare il mio diario. E imparare a pulirmi le mani dopo aver toccato la caffettiera.
>>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi II parte
A cavallo sulle montagne rocciose canadesi
Expedition horsepack trips into Banff Park
20-25 luglio 2006
Cavalli, natura, avventura, non posti turistici, dove andare? Un collega mi propone una cosa un po' fuori dall'ordinario nel suo paese, il Canada. Una settimana in tenda e a cavallo, a zonzo nelle foreste selvagge. Interessante, proviamo. Con internet, e una buona agenzia, organizzo il tutto e attendo la data della partenza.
(Vedi: http://www.horseback.com)
20 luglio
BANFF, ALBERTA
"Benvenuti a Calgary, terra di cowboy e cowgirl". È il telegrafico messaggio del pilota all'atterraggio.
Ma il farwest non sta nel sud ovest degli states? Qui mi aspettavo orsi, foreste e giubbe rosse.
18 sera, sbarco dal volo Lufthansa, diretto da Francoforte, all'aeroporto della città di Calgary, nell'Alberta, sud ovest del Canada. Ordinato, efficiente e molto tranquillo; poca gente, massima cortesia, indicazioni chiarissime.
Devo aspettare la navetta per Banff, base della spedizione.
Giro un po' e vedo dai manifesti sulle pareti che in città è appena terminata la Stampede: "The Greatest Outdoor Show on Earth". Pare si tratti del più grande evento western americano, una spettacolare manifestazione, combinazione di rodeo, mostre agricole e commerciali, gare e musica, che attrae circa un milione di persone ogni anno, e col quale la popolazione dell'Alberta celebra orgogliosa la propria tradizione culturale di ranch e cowboy. "Da approfondire", mi segno nel diario.
A questo punto non mi meraviglia vedere, disposti un po' ovunque nell'aeroporto, grandi e pregevoli gruppi scultorei in bronzo che ritraggono cavalli in corsa, cowboy e anche pescatori con tanto di acqua corrente. È pure in corso una esposizione con scene di storia locale: pionieri, indiani, fattorie, ecc. Buon inizio.
La navetta mi porta, con altre quattro persone, a Banff. Paesaggio di praterie verdi su sfondo di boschi, poche case qua e là, qualche cavallo e alcune mucche. Montagne all'orizzonte, strade larghe in perfette condizioni e poco trafficate.
Il giorno successivo visito il paese e mi organizzo. Banff è un paesino di edifici caratteristici ben tenuti, al tre piani al massimo, strade ampie e notevole contorno di montagne e boschi. Ci scorre veloce un fiume di acque limpide e abbondanti. Molti turisti, molti negozi per turisti, prezzi altini, qualità anche buona. Bel tempo, cielo blu e aria asciutta e profumata di bosco. Ricorda un po' la Val d'Aosta. Salvo che il tema principale sono le culture western e indiana. L'albergo è uno dei tanti in centro, prezzo anche decente considerando la media del posto. Ma è un paese famoso, d'inverno è la capitale degli sport invernali, un po' come la nostra Cortina di un tempo, e fa fino venirci a passeggiare, anche per dire a casa di esserci stati. Curioso un po' nei negozi di abbigliamento e ricordini locali, parecchi gestiti da cinesi. E noto che parecchi cappelli e giacconi da cowboy, per non parlare dei ricordini indiani, sono di ottima qualità e prezzo, ma secondo l'etichetta sono fabbricati in Cina. Mi imbatto e visito il museo naturalistico locale (fuori le strade brulicano di turisti, dentro due visitatori in tutto), un gioiellino in legno dell'800, con vetrine antiche piene di animali impagliati e oggetti archeologici locali, una meraviglia.
E naturalmente trovo subito il locale distaccamento di vigili del fuoco, proprio al centro del paese. È sera e i colleghi sono al lavoro con su le divise annerite e bagnate, stanno sistemando i mezzi e asciugando delle manichette. Devono essere appena rientrati da qualche incendio, quindi non li disturbo. Mi limito ad ammirare i mezzi e la caserma nuova, un pezzo architettonicamente pregevole. Una targa in metallo riporta una foto del vecchio distaccamento e la sua storia.
Sono stanco per il viaggio e domani si comincia quindi, preferisco mangiare in camera, dopo aver comperato comperato qualcosa al fornitissimo centro commerciale, che trovo pieno zeppo di turisti. Deduco che i prezzi nei ristoranti non devono essere tanto bassi.
PREPARATIVI
Il giorno 20 passo dal negozio di articoli sportivi dove ritiro sacco a pelo e materassino, noleggiato via internet. Noto che è pieno di biciclette da montagna da affittare. Infatti fuori le strade brulicano di ciclisti. Buona idea, le strade sono ottime e senza traffico, e corrono tra boschi e panorami mica male. Poi torno in albergo, mi vesto da cowboy come da istruzioni e, trascinandomi dietro tutti i miei bagagli per le strade ancora deserte, mi presento all'appuntamento delle otto nel negozietto di mr. Warner, "The trail raider", sede della "Holiday on horseback".
Vendono anche abiti e altri oggetti western, roba buona, vedo; ovunque immagini, effigi e libri di cavalli. Compero un bel pile, un paio di jeans wrangler "pro rodeo", ottimi per cavalcare e introvabili in Italia e un cappello da cowboy, pieghevole per poterlo mettere in valigia. Prezzi buoni, e col valore dell'euro anche meglio (1 $can = 0.7 €).
Il resto l'ho portato da casa: stivali, fazzoletto, guanti ecc., come stava scritto nella lista dettagliata che l'azienda mi aveva fornito. E soprattutto una "borsa morbida", ne ho trovata una da ginnastica, senza bordi o parti rigide o punte o altro che possa dare fastidio alla schiena del cavallo che dovrà portarla. Dentro, il minimo indispensabile, come da istruzioni.
Una simpatica ragazza mi consegna il materiale rimanente: le borse da sella, un telone da mettere sotto la tenda e un impermeabile da cavallo - oilskin slicker -. Mi aiuta a confezionare anche il materiale da tenda. In mezzo al negozio, tra gli sguardi curiosi di qualche mattiniero cliente giapponese, stendiamo telone, materassino e sacco a pelo e ne facciamo un rotolo unico, facilmente caricabile su un animale. E gli altri ospiti? Di solito sono cinque o sei, ma questa settimana siamo solo due, c'è pure un simpatico ed energico signore tedesco in pensione di settant'anni. Messi al sicuro nei sotterranei i nostri bagagli, prendiamo solo la borsa col minimo indispensabile e mr. Warner in persona ci trasporta con un pulmino al punto di partenza di questa settimana. Un'ora di strada tra i boschi e montagne, con paesaggi da fiaba che sarebbero già sufficienti come vacanza. Ci inoltriamo in zone del parco nazionale proibite ai più, incontriamo ormai solo qualche automezzo della forestale. Gran parte dell'immenso parco è chiusa del tutto, e dove andremo noi è zona protetta, si entra solo con permessi a numero chiuso e a cavallo, su percorsi dichiarati e concordati. Per non disturbare il bosco e gli animali, soprattutto gli orsi, che quest'anno sono un po' nervosi. Warner racconta che lavora qui con i cavalli da quarant'anni, ha visto crescere Banff e il turismo. Adesso ne ha trecento, più una cinquantina di muli, e coi suoi sessanta dipendenti lavorano tutti tutto l'anno, offrendo attività turistiche e sportive di ogni tipo.
PARTENZA!
Ci lascia su un prato sul limite del bosco, dove ci aspetta un automezzo per il trasporto di animali e numerosi cavalli già sellati, molti caricati con casse. Tre ragazzi stanno finendo di caricare un mulo. Un vero mulo da montagna, non ne avevo mai visti dal vero. Mr. Warner ci lascia nelle mani di Greg, che sarà la nostra guida. Sembra uscito da un film di cowboy: serio, spettinato e impolverato, cappello e fazzoletto al collo sgualciti, camicia a quadri e wrangler sporchi, stivaletti strausati e con gli speroni! Stringe la mano con un cenno d'intesa, prende un cavallo e ci mostra come salire. Così si va avanti, così a destra e sinistra e così si ferma, ci dice, manovrando di redini il cavallo che obbedisce docilmente. Fine delle istruzioni. Il corso più veloce mai visto. Da questo capisco che questi canadesi qui sono di poche parole, e non badano alle apparenze. Ottimo inizio. Noto anche che sono tutti biondi con gli occhi azzurri, sembrano di origine nord-europea, forse svedesi.
Ci presenta i cavalli che ha scelto per noi, in base alle informazioni scritte nel questionario che avevamo compilato via internet. Il mio si chiama Fuzzy; è grande, muscoloso, scuro di colore, la criniera molto lunga; la coda arriva fino a terra e un lungo ciuffo di peli gli nasconde parzialmente gli occhi. Lo accarezzo la fronte e gli faccio sentire il mio odore, poi lego la giacca e le altre cose alla sella. Incontriamo Cindy e Ray, cowboy da film anche loro, che sono già pronti a partire, ciascuno con una fila di animali legati in fila. Saliamo e partiamo anche noi seguendo la guida e ci inoltriamo nel bosco, che diventa sempre più fitto. Per dove e come, chi lo sa? Greg non dice molto. Non che sia poi gran bisogno, adesso sono occupato a imparare a conoscere questo cavallo, e a guardare il paesaggio.
Gli altri seguiranno un altro percorso per arrivare prima di noi al luogo dove monteranno il campo per la notte. In realtà dopo un po' li incrociamo, poi li perdiamo in fondo a un prato; li rivedremo solo a sera.
Oltre il prato ci infiliamo in un altro bosco, stavolta di conifere molto alte; è un bosco vecchio e fitto, che sale fino a metà della montagna. Il terreno è soffice, erba, muschio e aghi di pino lo rendono elastico e silenzioso. L'unico suono è quello di un torrente che scorre da qualche parte, qualche raro verso d'uccello.
Il bosco è intatto, non una cartaccia, un ramo o un fiore spezzato. Anche il sentiero che percorriamo si distingue appena, non ci passa nessuno qui. La strada asfaltata è ormai alle nostre spalle, lontana, non saprei neanche da che parte. Il cavallo cammina tranquillo, comodo. Provo qualche comando, bisogna far buona impressione subito all'animale, altrimenti prende lui il comando. Fuzzy sembra sorpreso, ma obbedisce, si ferma, riparte. Basta un tocco leggero, e non prova neppure a mangiucchiare mentre cammina. Ottimo animale. Ma noto che i comandi sono un po' diversi da quelli di casa. Anzitutto non è addestrato ai comandi vocali. Poi vedo che la nostra guida cavalca a gambe larghe e in avanti, non le stringe mai ai fianchi del suo cavallo, e solo occasionalmente li tocca per farlo partire. Le redini le tiene sì con una mano sola, ma molto in alto, e non sotto il pomo come sono abituato io. Provo anche io, ma vedo che il mio cavallo risponde ugualmente nei due modi, quindi le tengo basse. È chiaramente abituato a seguire il cavallo davanti, ma insistendo un poco riesco a farmi ascoltare e fare qualche manovra. Tutto ok, pare che al comando ci sia io. Ma so bene che è lui che conosce il territorio, quindi gli dò la massima fiducia, si vede da come si muove, sicuro e determinato, che conosce il suo lavoro.
Il mulo nero, carico di due casse rosse protette da un telone, ci accompagna camminando agile e leggero, dietro la guida. Usciamo allo scoperto dopo non so quanto tempo, presso il torrente che attraversa la valle. Alcuni cartelli segnaletici del parco mostrano una mappa della zona e le regole per i turisti. Ma non c'è nessuno. La guida ci indica alcuni laghetti azzurri, sono sorgenti termali fredde che colorano l'acqua. Ci fermiamo alcuni minuti per far riposare gli animali e sgranchirci le gambe. I prati sono pieni di fiori mai visti. Ripartiamo e dopo un paio di ore di bosco arriviamo in un'altra valle, e ci fermiamo per il pranzo in una radura. C'è una casetta in legno, molto ben tenuta, con un paio di corna di cervo sulla porta; è una postazione della forestale per i lavori di manutenzione. Greg scarica dal mulo vicino a un cerchio di pietre annerite nel prato. I cavalli li lasciamo liberi, noto che il mulo ha una campana al collo che adesso Greg sblocca, e iniziano subito a mangiare l'erba folta che qui cresce ovunque. Lui tira fuori una griglia di ferro e la legna secca per accendere il fuoco, più una serie sorprendente di sacchetti di cibo, pane, guanti isolanti, attrezzatura da cucina, ecc. La cuccuma per il caffé la riempie al torrente lì vicino. Noi guardiamo, chi ha mai visto niente di simile? A parte i documentari in tv, ovvio. In pochi minuti gli hamburger sono pronti, il caffé pure. Noi ci guardiamo e poi ci serviamo, nei sacchetti c'è tutto quel che serve, frutta secca compresa e un sacco di salsine. Ci indica un paio di tazze e un pennarello per segnarci su i nostri nomi, saranno nostre per una settimana. Posate non servono, l'acqua è nel torrente, qui è già pulita. Al momento avrà pronunciato una quarantina di parole, ma sufficienti. E poi così non sappiamo mai cosa ci aspetta, e tutto è una sorpresa. Approfitto per riempire la mia bottiglia, che tengo nella borsa. L'acqua è dolce, leggera, priva di sali. Non è da molto che era neve.
Dopo un'oretta ricarica tutto sul mulo e ripartiamo. D'ora in poi non vedremo più traccia di presenza umana per diversi giorni.
IL CAMPO
Continuiamo ad avanzare per altre quattro ore, quasi sempre in silenzio. Gli animali si arrampicano senza esitazioni su e giù per sentieri per nulla facili, rocce e massi, tronchi caduti, grosse radici, buche e ghiaioni, anche in forte pendenza, per passare da una valle all'altra. Non hanno nemmeno il fiatone, si vede che sono allenati. Traversiamo anche il torrente un paio di volte. È largo una decina di metri, l'acqua non è profonda, trenta centimetri al massimo, ma molto fredda e scorre veloce. Il fondo è costituito da rocce e sassi, ma i cavalli l'attraversano senza alcun problema. Si limitano ad abbassare il muso per vedere bene dove mettere i piedi. Non hanno proprio paura di nulla, e non si sorprendono, nemmeno per gli uccelli o gli scoiattoli che ogni tanto sbucano all'improvviso dai rami. Piuttosto dobbiamo stare attenti noi, i boschi sono fitti e bisogna evitare i rami e i tronchi che continuamente si presentano davanti agli occhi. Il cappello è molto utile, e il fazzoletto al collo e le maniche lunghe della camicia pure. E c'è pure qualche zanzara e tafano.
Ma il panorama diventa, se possibile, sempre più bello. Le valli sono molto grandi, con grandi prati fioriti attorno ai torrenti, e infiniti boschi rigogliosi che si arrampicano sulle montagne fino ad una certa altezza, lasciando scoperte le cime rocciose. Lontano si intravedono tracce di neve. L'aria è asciutta e profumata, il sole scotta nel cielo limpido e blu scuro, ma quando passa una nuvola si sente che la temperatura scende in fretta. Stanotte mi sa che farà freddo. Continuiamo ad avanzare in questo strano paesaggio da cartolina, il tempo non ha più molta importanza.
All'improvviso in fondo alla valle, presso il torrente e sul limitare del bosco, scorgiamo una tenda e diversi cavalli legati ad una fune tesa fra due alberi. Le altre due guide stanno terminando di scaricare gli animali. Scendiamo e Greg ci mostra come legare con la lead rope il cavallo alla fune, assieme agli altri, e come togliere la sella e riporla nel mucchio con le altre. Noto che la mia è dotata di pettorale e sottocoda, devo trafficare un po' per toglierla. Mi spiega che poiché Fuzzy ha un girth (garrese) basso, ciò aiuta la sella a stare ferma. Per questo mi controllava spesso la cinghia che la stringe al corpo del cavallo.
Ci indica il mucchio dove stanno i nostri bagagli, i sacchetti con le tende e uno spiazzo di erba dove possiamo montarle. Sono tende a igloo, da tre posti ciascuna, come quella che possiedo; si montano in un attimo e sono molto comode. La tenda principale è molto grande, è costituita da un tetto di tela sostenuto da pali, trovati sul posto; sotto trova riparo tutto il materiale da cucina, viveri, selle, ecc. Loro ci dormono nei sacchi a pelo, sono abituati.
Su un tronco stanno due catini con sapone biodegradabile e uno specchio fissato ad un albero; al di sotto un sacchetto di plastica con un rotolo di carta igienica accanto ad un vanghetto. Il "bagno" è il bosco, da lasciare assolutamente intatto dopo l'uso. Quando il vanghetto manca, vuol dire che il bagno è "occupato".
Sotto la tenda stanno pure due secchi con acqua calda e fredda per lavarsi. Sulla griglia del focolare Cindy ha già sistemato un numero notevole di pentole, tegami e pentolini, neri di fuliggine, da cui escono ottimi odori e vapore. Lì accanto Ray sta spaccando la legna con un'ascia, non per bruciarla adesso, ma per asciugarla e trasportarla domani. Cindy ci mostra una quantità di snacks, dolci, biscotti, frutta secca, salse, barattoli e altro da mangiare, possiamo prendere quel che vogliamo, per il resto basta chiedere.
Francamente io mi trovo un po' a disagio, tre persone e quindici animali al nostro servizio, e che servizio. Troppo lusso, mi aspettavo una cosa più rustica, ma sono molto ammirato dalla professionalità che offrono agli ospiti. Cerco la mia tazza, mi verso un po' di caffé e mi siedo su un tronco accanto al fuoco, aspettando la cena. Non ho nulla da fare, tranne aggiornare il mio diario. E imparare a pulirmi le mani dopo aver toccato la caffettiera.
>>>A cavallo sulle montagne rocciose canadesi II parte
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3 comments:
Ciao Draco, ho letto il racconto e ti faccio i complmenti sia per il viaggio che per come l'hai raccontato. Hai la stoffa dello scrittore ! A quando il seguito? Ciao, Gabriele
IL SEGUITO:
in fondo ad ogni post "a puntate" c'è il link alla pagina seguente: "A cavallo sulle montagne rocciose canadesi II parte" ecc.
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
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